“Quando il 30 maggio viene sequestrato il telefono a Palamara e rinvenuta la mole infinita di messaggi – ha continuato -, la magistratura si è dovuta specchiare, si è trovata di fronte ad una prova documentale. Si intuiva che le cose andassero cosi, ma non potevamo immaginare fino a questo punto, al punto di chiedere condanne per chi andava assolto. E questo specchio la magistratura non l’ha voluto vedere, come se l’immagine che rifletteva non fosse la propria. Non ha voluto cacciare i mercanti dal tempio, ma ha cacciato solo Palamara, come se non ci fossero altri mercanti”.
Sul finire dell’incontro alla domanda di Antonio Massari sul perché sia così importante accedere ad un incarico direttivo e guidare una Procura, la risposta di Clementina Forleo è altrettanto netta: “Non cambia sotto il profilo economico, perché fare il capo di una Procura o il sostituto procuratore prevede lo stesso stipendio. Ma è una situazione di potere che implica un rapporto di fedeltà. Direttivi non si nasce, ma si diventa. La corrente a un certo punto ha bisogno di nominare una certa persona per mandare nei posti di comando delle persone che poi devono ricambiare la fedeltà. Fare il capo Procura, quindi, non significa avere qualcosa in più in termini economici, ma si ha il potere anche per deviare, purtroppo, il corso delle indagini. Non è cosa da poco”, ha aggiunto.