Appena sette minuti. Tanto è durata l’udienza in cui il giudice Luigi Barone questa mattina ha rinviato a giudizio “mister preferenze in Sicilia” Luca Sammartino. Il deputato regionale di Italia Viva, 36 anni, andrà a processo il 2 dicembre prossimo davanti alla quarta sezione penale con l’accusa di corruzione elettorale. Nel mirino della procura di Catania le elezioni siciliane del 2017 e le politiche del 2018. La prima di queste tornate fece registrare un plebiscito per Sammartino, eletto a palazzo dei Normanni con ben 32mila consensi: record assoluto da quando esiste il parlamento regionale. Alcuni mesi dopo la corsa, senza successo, nel collegio uninominale con direzione Montecitorio. Insieme al deputato renziano andranno a processo altre sei persone: Sebastiano Nuccio Anastasi, l’ex consigliere comunale di Catania Giuseppe Musumeci, Giuseppe Damiano e Salvatore Capuano, l’avvocato ed ex consigliere comunale a Caltagirone Alfredo Scozzarella e infine Nino Rizzotto, attualmente assessore al comune di Mascalucia.

Sammartino, secondo la ricostruzione di procura e Digos, avrebbe garantito assunzioni in aziende e raccomandazioni per trasferimenti o promozioni, anche in ambito sanitario. Nel mirino pure la rateizzazione di cartelle esattoriali. Il cuore dell’inchiesta è stato l’Iphone 6 del politico. All’interno del dispositivo gli investigatori hanno ascoltato e letto qualcosa come 390mila messaggi, tra sms, chat e audio Whatsapp, oltre ad avere visionato 1200 video. Tra i gruppi dell’app di messaggistica istantanea anche quello chiamato “La fratellanza”. Oltre a Sammartino e a Vincenzo Santapaola (solo omonimo del figlio del capomafia Nitto, ndr), a farne parte era il fratello di quest’ultimo ed ex vicesindaco di Misterbianco Carmelo Santapaola; poi accusato in un’altra indagine di essere un prestanome di Cosa nostra oltre che uno dei protagonisti dello scioglimento del Comune etneo per mafia.

Il politico renziano ha affidato a una stringata nota stampa il commento sul rinvio a giudizio: “Finalmente il 2 dicembre mi troverò davanti a un tribunale che potrà valutare nel merito la mia innocenza. Ho sempre affermato di non avere commesso alcun reato. Sono convinto e fiducioso che la verità emergerà in giudizio”. Intanto il Movimento 5 stelle ha chiesto le dimissioni del 36enne dalla carica di presidente della commissione Cultura, Formazione e Lavoro all’Assemblea regionale siciliana.

La notizia dell’inchiesta per corruzione risale agli inizi di dicembre 2019. Appena quindici giorni prima a Catania era atterrato l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi per presentare Italia Viva. In quell’occasione, che oggi sembra preistoria politica, Renzi indicò Sammartino come futuro candidato alla presidenza della Regione siciliana. Una scalata verso i piani più alti della politica cominciata ai tempi dell’università con la candidatura nella lista del movimento giovanile di Forza Italia Studenti per la libertà. Nel 2012 l’esordio all’Ars come più votato dell’Udc orfana di Totò Cuffaro. Sono gli anni in cui Sammartino, dentista di professione e appartenente a una potente famiglia con interessi nella sanità privata e con lo zio Claudio che dal 2018 al 2021 è stato prefetto di Catania, diventa il delfino di Lino Leanza. Insieme all’ex braccio destro del governatore autonomista Raffaele Lombardo nel 2013 fonda il movimento centrista Articolo 4. Al Pd Sammartino approda due anni dopo, nonostante i tanti mal di pancia interni. Ed è proprio con i dem che nel 2017 centra lo storico successo elettorale alle regionali.

Prima di questa inchiesta il deputato siciliano è passato indenne, grazie a un decreto di archiviazione, a un fascicolo della procura di Catania per il voto degli anziani in una casa di riposo della provincia etnea. Più recentemente un nuovo avviso di garanzia, sempre per corruzione elettorale, nell’ambito dell’inchiesta antimafia Report. Nel corso di quest’ultima vicenda sono stati resi pubblici alcuni incontri, alla vigilia del voto, con il boss del clan Laudani Lucio Brancato.

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