Mentre a Milano sfilava una moda triste, senza glamour, senza luccichii, Luisa Beccaria nel documentario, “Know Thyself” dal mantra di Socrate, “Conosci te stesso” si racconta a Lola Schnabel: “Ho scoperto l’eccentricità del quotidiano”z
Il Covid non è l’unico a potersi permettere delle varianti. La stilista Luisa Beccaria ha vissuto l’ultimo anno nel borgo settecentesco del Castelluccio, tenuta di famiglia nel siracusano, da lei ristrutturata ( si potrebbe dire, pietra su pietra) e ha trasformato il lockdown in una scelta di vita. La pandemia ha stravolto la vita di tutti, la sua è diventata un documentario girato da Lola Schnabel, figlia dell’artista arcinoto Julien, e a sua volta pittrice e regista, un’eccentrica ragazza di quarant’anni che ha trovato la “sua New York in terra sicula” dove ha affittato uno studio nell’Oasi di Vendicari e fa asciugare le sue enormi tele stese al sole come fossero lenzuola. E si è messa pure a decorare maioliche siciliane.
Ciak si gira: Luisa Beccaria sforna il pane dal vecchio forno in pietra, fa il latte di mandorla, intreccia nidi di rondine che è una pasta fatta a mano e servita con passata di pomodoro e miele. Nel docu, “Know Thyself” dal mantra di Socrate Conosci te stesso Luisa, cinque figli e un marito, Lucio Bonaccorsi, principe adorante, si racconta: “Ho scoperto l’eccentricità del quotidiano. Ho vissuto in maniera continuativa con la natura, con i suoi ritmi. Dove l’inverno non è una pausa, ma è una stagione straordinaria con i suoi germogli continui. E questo ti dà un senso incessante di rigenerazione. Il fatto che gli alberi continuassero a dare i frutti e i fiori a sbocciare mi dava una sensazione di fiducia…”
E se a Milano sfilava una moda triste, senza glamour, senza luccichii, la pandemia ha lasciato a Luisa il significato più profondo di una moda ageless e timeless, senza età e senza tempo. E sopratutto eco/sostenibile ( lo so, il termine è stra/abusato, ma lei lo interpreta alla lettera). Il Fast Fashion, usa e getta, è una moda morente, nella sua ottica: “La moda ti dice che dopo due anni un abito non lo puoi più indossare. Invece per me trovare un bel pezzo vintage nell’armadio è come ritrovare un vecchio amico”. Lei che da vera pioniera, quarant’anni fa ha esposto nell’atelier di Pietro Fornasetti la sua prima collezione di golfini tricoté dalle donnine di Anacapri. E poi da Elio Fiorucci e nelle gallerie d’arte, tutti pezzi unici, mentre il pittore siciliano Ignazio Moncada dipingeva per lei pannelli scenografici alla sua prima sfilata all’Accademia di Brera e Giovanni Gastel immortalava le sue creazioni in tableaux vivants. Questi erano solo gli esordi. Oggi insieme agli abiti haute and slow couture ( ha vestito le principesse di mezz’Europa) è nata anche una home collection fatta di piatti, bicchieri, tovaglie tutto ispirato alle calde atmosfere siciliane.
In lavorazione anche la prima linea di prodotti di bellezza ricavati dall’olio del Castelluccio, altro nettare della sua terra. I figli Ludovico e Lucrezia hanno aperto LuBar, nel romantica serra di Via Palestro, in soli due anni è diventato il posto più trendy di Milano, e il New York Times ha dedicato al family brand un’ ampia articolessa. Mentre il suo video “Embrace” per un concetto più ampio di Abbracci fra Mondi e Culture ( ma anche quelli che ci sono stati negati), presentato durante la fashion week, è tra i più cliccati sui social.
Prossimo titolo suggerito: Luisa e le sue Varianti.
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