In Italia i contagi dovuti alla variante inglese del coronavirus hanno già superato quelli causati dal ceppo originario. Al 18 febbraio scorso la prevalenza della mutazione britannica era pari al 54%, con valori compresi tra lo 0 e il 93,3% nelle singole Regioni. Al 4,3% la variante “brasiliana“, con punte massime superiori al 30% in alcune aree del centro Italia, mentre quella “sudafricana” è stimata allo 0,4% (0%-2,9%). Sono questi dati della nuova ‘flash survey’ condotta dall’Istituto Superiore di Sanità e dal ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler. Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus. I tamponi oggetto del survey sono stati scelti in maniera casuale fra i positivi, garantendo una certa rappresentatività geografica e se possibile per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine tutte le Regioni e complessivamente 101 laboratori, e sono stati effettuati 1.296 sequenziamenti.
L’Iss sottolinea che la variante inglese sta diventando “quella prevalente nel Paese, e in considerazione della sua maggiore trasmissibilità occorre rafforzare-innalzare le misure di mitigazione in tutto il Paese” per “contenere e ridurre” la diffusione del virus “mantenendo o riportando rapidamente i valori di Rt sotto l’1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi”. Dai dati, nota l’Iss, “emerge una chiara espansione geografica dall’epicentro umbro a regioni quali Lazio e Toscana della cosiddetta ‘variante brasiliana’, che deve essere contrastata con le massime misure di mitigazione“. Solo così, infatti, può essere messa al riparo la campagna di vaccinazione. L’intero dossier è atterrato sul tavolo del governo proprio mentre era in fase di scrittura il nuovo dpcm che sarà in vigore dal 6 marzo al 6 aprile. È anche per questo che l’esecutivo, d’intesa con i tecnici, ha deciso di rafforzare le restrizioni nelle scuole situate nelle aree più colpite.
Ulteriori dettagli sulla presenza delle varianti sono contenuti nella Relazione tecnica che affianca l’indagine dell’Iss. Nel documento si legge che su un totale di 3.132 tamponi positivi analizzati, 658 sono risultati riconducibili alla variante VOC 202012/01 (inglese), 62 alla variante P1 (brasiliana) e 6 alla variante 501.V2 (sudafricana). Il territorio più colpito dal ceppo britannico è il Molise, dove è risultato prevalente nel 93,3% dei test analizzati. Un dato che spiega il recente inserimento della Regione in zona rossa. Seguono la Sardegna (75%), la Liguria (72,7) e la Lombardia (64,3). A preoccupare di più sono però gli altri due ceppi, su cui è ancora incerta l’eventuale resistenza ai vaccini. La brasiliana è presente in media nel 4,3% dei casi, ma la percentuale schizza al 36,2 in Umbria, 23,8 in Toscana e 13,2 nel Lazio. Per questi territori l’Iss chiede restrizioni “massime”. La sudafricana, infine, è presente per ora solo in tre aree. Si tratta della provincia di Bolzano (2,9%), Sicilia (1,7) e Lombardia (1,4).