Giuseppe Conte e Beppe Grillo sono le persone giuste per tracciare una nuova rotta. Grillo ha da sempre avuto le intuizioni più giuste negli ultimi 25 anni nella politica italiana e Conte ha dimostrato capacità, credibilità e leadership per guidare il Paese. Convincono le loro parole, ma soprattutto le loro azioni, sempre libere da interessi personali e immerse in una profonda etica dello Stato. Ciò che non va sottovalutato è il tema dell’organizzazione. Anche un gruppo di 15 persone va a sbattere senza un’organizzazione e Giuseppe Conte ha accettato la sfida di dar vita alla prima forma moderna di organizzazione politica del XXI secolo.

Il Movimento 5 Stelle ha una storia di antagonismo, ha avuto l’aspirazione di realizzare un reset politico con il passato. Nelle regioni del centro sud questo è accaduto perché nel 2018 più di un elettore su due ha votato il M5s (56% ad esempio nel mio collegio), così in tante province e aree del Paese ci sono referenti nazionali appartenenti solo al M5s. Oggi questo patrimonio non può essere disperso e l’obiettivo primario è rifondare e ripensare la nostra presenza sui territori, per mettere radici e permettere ai parlamentari, insieme a tanti portavoce e attivisti, di avere responsabilità territoriali. Ma la storia del reset politico va accompagnata anche da un’altra riflessione e da un discorso sincero.

Bisogna dirsi che oggi nessuna forza politica può raggiungere, da sola, il 33% oppure superarlo, come nel 2018 riuscì il M5s. Bisogna quindi fare i conti con la realtà e ammettere che le trasformazioni che abbiamo immaginato in 10 anni di attivismo non possono avvenire in un lampo. Le trasformazioni della società si realizzano con il confronto costante con ciò che è già esistente e che non può essere raso al suolo dall’oggi al domani. In alcuni casi, aggiungo, non è neanche utile perché il nostro Paese vanta eccellenze da preservare e rilanciare. E questo avviene se ognuno si prende un suo pezzo di responsabilità. Un dirigente scolastico, un dirigente sanitario, un dirigente della pubblica amministrazione, un dirigente di azienda deve prendersi il suo pezzo di responsabilità nella gestione della complessità.

Dobbiamo pretendere che ad occupare i posti strategici della società siano le persone giuste, dotate di cuore, esperienza e competenza e certamente non sarà abbastanza, perché sondare competenze va di pari passo con la comprensione dell’animo umano, individuando coloro i quali gestiscono il potere per il potere, scivolando sulle proprie ambizioni personali e chi, invece, utilizza quel potere per realizzare il cambiamento e raggiungere obbiettivi fedeli a una comunità di riferimento e al servizio di un progetto. Ciò introduce la necessità di alleanze sane per cambiare il Paese da una parte e la scelta adeguata di una classe dirigente dall’altra.

Ci sono persone e comunità che hanno solo ambizioni personali, e quando queste ci sono i cittadini le vedono e si allontanano dalla politica. Poi ci sono persone e comunità che hanno un valore etico della politica che non negoziano e perseguono obiettivi alti da raggiungere: aumentare gli investimenti in cultura e istruzione, ridurre la povertà minorile, garantire una libera informazione e promuovere ecosistemi sociali sani che garantiscano benessere; e tanto altro.

Ora non perdiamoci in altri congressi o grandi assemblee. Abbiamo svolto gli Stati Generali realizzati con tutti gli strumenti tecnologici oggi a disposizione e con nuove tecniche di partecipazione, dando la possibilità a ottomila persone di partecipare per centinaia di ore di confronto. L’innovazione e la tecnologia sono parte della nostra pelle, ma le persone non possono evaporare. Ci vuole uno scheletro, ci vuole un corpo e Giuseppe Conte è la persona all’altezza di questo compito per guardare alle soluzioni che sono nell’interesse del Paese e mettere a tacere gli interessi personali, che in politica hanno fatto già troppi danni.

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