Lo aveva chiesto il Gip, Roberta Conforti, nelle motivazioni con le quali aveva respinto la richiesta d’archiviazione presentata dai pm disponendo altri sei mesi di indagine, il 22 febbraio scorso. Oggi i magistrati della Procura hanno così iscritto nel registro degli indagati, con l’ipotesi di reati di abuso d’ufficio, due direttori generali pro-tempore della Uama, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento, in relazione all’indagine avviata sull’export verso l’Arabia Saudita di bombe fabbricate dalla Rwm Italia dopo l’uccisione di un’intera famiglia yemenita di sei persone per mano dell’aviazione di Riyad, nella notte tra il 7 e l’8 ottobre 2016.

Il procedimento era partito dopo una denuncia penale presentata dal Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr) di Berlino, dalla ong yemenita Mwatana for Human Rights e dalla Rete Italiana Pace e Disarmo che aveva ad oggetto “la regolarità delle procedure relative al rilascio, in favore della società Rwn Italia, società specializzata alla produzione di armamenti, delle autorizzazioni per l’esportazione di armamenti”.

La vicenda citata nella denuncia è l’attacco aereo messo in atto dalla coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi contro un villaggio yemenita durante il quale rimasero uccisi tutti i componenti della famiglia al-Ahdal. Un attacco, secondo l’accusa, che non può essere semplicemente considerato un “danno collaterale” perché l’obiettivo militare più vicino, un checkpoint dei ribelli Houthi, si trovava a ben 300 metri, una distanza ben più ampia del margine di errore degli ordigni Mk 80 sganciati sul Paese del Golfo e fabbricati dalla Rwm che, grazie ai sistemi di guida ‘intelligente’, è ridotto a pochi metri. “Dagli accertamenti – si legge nella denuncia – è emerso che l’anello di sospensione della bomba (il pezzo dell’ordigno ritrovato sul posto che ha poi permesso di fare il collegamento con la Rwm Italia, ndr) era stato fabbricato (e dunque esportato) dalla Rwm che era stata autorizzata ad esportare armamenti verso l’Arabia Saudita”.

Nel provvedimento il Gip chiede ai pm di iscrivere nel registro degli indagati, oltre ai direttori pro-tempore dell’Uama, anche gli amministratori delegati della società dal 2015 “fino alla data in cui è stata rilasciata l’ultima autorizzazione all’esportazione”. Chiede inoltre ai pm di piazzale Clodio di “accertare quante e quali autorizzazioni siano state rilasciate alla Rwm fino alla data odierna e di accertare se e quante richieste di autorizzazione inoltrate dalla società siano state rigettate dal 2015 ad oggi”.

Questo perché, sostiene l’accusa, le indagini hanno accertato che “l’anello di sospensione prodotto da Rwm Italia e trovato sulla scena dell’attacco a Deir al-Hajari potrebbe essere stato esportato nel novembre 2015″. In quel periodo, aggiungono, “gli organismi delle Nazioni Unite, le ong internazionali e le organizzazioni yemenite avevano già documentato ripetute violazioni della coalizione a guida saudita”, quindi è necessario appurare se, al momento dell’autorizzazione all’export, sia Rwm che Uama fossero al corrente delle azioni militari di Arabia Saudita e Uae nel conflitto yemenita. Ipotesi che, se confermata, dimostrerebbe la violazione della legge 185 del 1990 sull’export di armamenti che, tra i vari limiti, impone il divieto di export di armamenti verso Paesi in conflitto o per i quali sono accertate violazioni dei diritti umani.

Twitter: @GianniRosini

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