L’omicidio di Ciro Nocerino fu particolarmente cruento. Il cranio della vittima esplose per la gragnuola di proiettili. Avvenne il 25 settembre 2011 in via Cervino, a Napoli, e contribuì alla spaccatura in atto tra i clan della camorra di Scampia e delle città a nord di Napoli. Quel 2011 fu un anno di scomposizione e ricomposizione degli equilibri criminali di Gomorra. Fu l’anno della disarticolazione del potere degli Scissionisti, gli Amato-Pagano, e dell’umiliazione di Gaetano ‘mano mozza’ Marino, cacciato dalle Case Celesti e poi ucciso nel 2012 a Terracina, noto ai telespettatori di Massimo Giletti come il boss che fu marito di Tina Rispoli, la compagna e ispiratrice del neomelodico Tony Colombo. L’omicidio di Nocerino si inserì in quel contesto e fu causa ed effetto del rimescolamento di rapporti e alleanze nei mesi precedenti e successivi.
Pochi giorni fa una sentenza della terza sezione della Corte d’Assise di Napoli ha accolto le richieste del pm della Dda di Napoli Maurizio De Marco, infliggendo l’ergastolo ad Arcangelo Abete, Arcangelo Abbinante e Giovanni Esposito. Tre fra i mandanti e gli esecutori dell’assassinio di Nocerino in stile ‘western metropolitano’, tra pistole inceppate e inseguimenti a piedi, con la vittima massacrata con il calcio della pistola non funzionante e poi giustiziata con l’arrivo di un altro killer munito di arma funzionante. Lo scempio fu compiuto fra decine di persone in piazza, per strada, affacciate alle finestre. Nessuno vide nulla, ovviamente. Testimonianze utili agli inquirenti, zero.
Ciro Nocerino fu attirato in trappola con l’invito a prendere un caffè al bar San Paolo del rione Monterosa da persone che riteneva fidate. Cadde vittima dei sospetti interni al clan Marino delle Case Celesti. Nocerino era ritenuto l’autore del tentato omicidio del giorno prima di Gianluca Giugliano. E quindi “non più affidabile”. I processi della camorra sono indiziari e le sentenze si eseguono subito. Nocerino fu ammazzato il giorno dopo. Su decisione di Arcangelo Abete, il dominus delle Cinque Famiglie di Secondigliano. Un cartello nato con la scissione ‘a freddo’ dagli Amato-Pagano avvenuta nell’aprile del 2011. Il mese in cui le famiglie di camorra di Scampia – gli Abete, gli Abbinante Notturno Aprea, i Marino e i Leonardi – e di Secondigliano – la Vinella Grassi e i Ferone – decidono di rompere l’alleanza decennale con gli Amato-Pagano.
Il resto è storia. Ricostruita dalla Dda e dalle sentenze. La faida del 2012. La frantumazione delle Cinque Famiglie. Il tentativo degli Amato-Pagano di recuperare posizioni alleandosi con la Vinella Grassi. Che al termine della faida, nel marzo 2013, emergerà come il clan più forte. L’uccisione di Nocerino fu uno degli episodi che allargò il solco del sospetto tra gli Abate e la Vinella Grassi. Una fase di fibrillazione in cui i Marino si divisero tra i fedelissimi di Gaetano ‘mano mozza’ Mac Kay Marino, e quelli di ‘Angioletto’ Arcangelo Abate. In quel momento ‘Angioletto’ era predominante e i suoi uomini riuscirono a cacciare ‘Mano Mozza’ dalle Case Celesti, umiliandolo pubblicamente a suon di botte. Lui reagì entrando nel clan della Vinella Grassi. I nipoti che su ordine di Abete lo cacciarono dalle Case Celesti, pochi mesi dopo si riconciliarono con lo zio. E lo seguirono nella faida contro gli Abete-Abbinante. “Un continuo gioco di tradimenti e sospetti”, la sintesi del pm in requisitoria. Ne farà le spese anche Gaetano Marino, freddato sul lungomare di Terracina il 23 agosto 2012. Tina Rispoli, quel giorno, era in spiaggia. Gianluca Giugliano, il ‘sopravvissuto’ del tentato omicidio del giorno prima del massacro di Nocerino, si pentì quel giorno stesso, subito dopo aver appreso la notizia dell’assassinio di Mano Mozza. Diventerà un prezioso collaboratore di giustizia. L’ennesimo colpo di scena di un romanzo di sangue e giravolte.