La decisione favorita dalle critiche per lo scarso rispetto della privacy degli utenti e dall'attenzione dei regolatori. Il colosso ha sviluppato un metodo alternativo che consente di mantenere l'anonimato dei dati venduti a fini pubblicitari
Piccola grande rivoluzione nel mondo del web. Secondo anticipazioni del Wall Street Journal, Google smetterà di vendere le inserzioni pubblicitarie “tarate” sulla base della cronologia di navigazione degli utenti sui vari siti. Alphabet (la casa madre di Google) non userà più e non investirà più in tecnologie di tracking che identificano gli utenti del web mentre si muovono da un sito all’altro. Si tratta di tecnologie che si sono attirate critiche crescenti per motivi di privacy e nel mirino delle autorità. Il colosso del web, da cui passano il 90% delle ricerche su internet e che, insieme a Facebook, gestisce il 90% della pubblicità on line, fa di necessità virtù e afferma: “Se la pubblicità digitale non si evolve per affrontare i crescenti timori della gente sulla privacy e sull’uso dell’identità personale si rischia il futuro di un internet libero e aperto”.
“Mantenere un internet aperto e accessibile a tutti richiede a tutti noi uno sforzo in più per proteggere la privacy e ciò significa porre fine non solo ai cookie di terze parti, ma anche a qualsiasi tecnologia utilizzata per tracciare le singole persone mentre navigano sul web”, afferma David Temkin, direttore del Product Management, Ads privacy and Trust di Google, in un post sul blog di Mountain View. In quella che appare come una curiosa levata di scudi del gruppo in difesa dei diritti degli utenti, Temkin aggiunge che “Le persone non dovrebbero essere costrette ad accettare di essere tracciate mentre navigano online per poter ricevere pubblicità pertinenti. Così come gli inserzionisti non hanno bisogno di monitorare i singoli consumatori sul web per ottenere dei vantaggi in termini di prestazioni della pubblicità digitale, i progressi fatti in ambito di aggregazione, anonimizzazione, elaborazione sui dispositivi e altre tecnologie per la tutela della privacy offrono un percorso chiaro per la sostituzione degli identificatori individuali”.
In sostanza Alphabet dice addio a un sistema su cui ha costruito le sue fortune e anni di ricavi miliardari nel momento in cui è riuscita ad elaborare un sistema alternativo che le consente di evitare sanzioni dei regolatori per violazioni della privacy. Ma come si dice, meglio tardi che mai. Per chiunque accenda un computer resta prezioso l’avvertimento che il professore del Mit Nicholas Negroponte lanciò agli albori del web: “Se è gratis vuol dire che il prodotto sei tu”.