Lo chiameranno il paradosso Sputnik. Il vaccino anti-Covid “Spuntik V” del Centro Gamaleja di Mosca è il primo nel mondo ad essere stato registrato e ogni giorno sta conquistando Paesi nuovi. L’ultimo degli attuali 39 Stati ad avere dato il via libera è la Slovacchia che, dopo l’Ungheria, ha optato per l’acquisto del siero russo senza aspettare l’ok dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco. Eppure in patria il vaccino autoctono non decolla, e nonostante la campagna su vasta scala fosse già partita a dicembre dell’anno scorso, secondo gli ultimi dati ufficiali, risultano vaccinate 4milioni di persone. In sostanza, solo il 2,7% dei 146 milioni di cittadini russi. Una percentuale inferiore rispetto a Paesi europei, che hanno dovuto far fronte alle difficoltà di approvvigionamento. Il paradosso può essere spiegato con una combinazione di fattori, dalle difficoltà logistiche alla diffidenza dei russi verso tutto ciò che proviene dallo Stato.
A parte Mosca, mancano i vaccini – “In Russia c’è poca disponibilità di vaccino, in pochi vogliono farselo somministrare e si vogliono esportare le fiale”, dice a ilfattoqouotidiano.it l’epidemiologo Valerij Vlasov della Higher School of Economics di Mosca. Nonostante il Cremlino neghi la mancanza del vaccino in Russia, dalle regioni continuano ad arrivare notizie di insufficiente materia prima per proseguire la vaccinazione. Alcuni media attribuiscono questa situazione alle difficoltà logistiche, ossia la mancanza di frigoriferi per conservare lo Sputnik. Su questo sfondo la capitale russa, dove per vaccinarsi basta qualche click e i punti vaccinali sono stati allestiti anche nei centri commerciali, appare ancora un’eccezione. Eppure, anche a Mosca, dove il vaccino non manca, al momento risultano essere vaccinati soltanto il 4,7% di cittadini.
Putin non ha fatto il vaccino – L’ultimo sondaggio del centro Levada spiega qualcosa in più. A febbraio il 62% delle persone intervistate ha detto di non essere pronta a vaccinarsi con lo Sputnik, mentre solo il 30% dice di esserlo; dato in calo rispetto a dicembre 2020, quando il 38% si diceva favorevole alla vaccinazione con il vaccino del centro Gamaleja. Secondo il sociologo di Levada Denis Volkov, questo significa due cose: la mancata campagna informativa sulla vaccinazione oppure il suo fallimento. Per Volkov, poi, c’è un punto molto importante: tante persone anziane hanno come punto di riferimento il presidente russo Vladimir Putin, che non si è ancora vaccinato. Di recente il leader del Cremlino ha spiegato l’indugio con la necessità di seguire il proprio piano vaccinale, che comprende il vaccino anti-influenzale e quello contro lo pneumococco.
La diffidenza dei cittadini – Ad affossare la campagna vaccinale in Russia potrebbe contribuire il diffuso clima di diffidenza nei confronti delle autorità. Secondo lo stesso sondaggio di Levada, il 64% delle persone intervistate ritiene che il coronavirus sia stato creato artificialmente come arma biologica. Come spiega l’epidemiologo Vlasov, la vaccinazione con lo “Sputnik” viene vista dai russi come un “programma di Stato”, e “la fiducia nelle istituzioni è molto bassa”.
La teoria dell’immunità di gregge temporanea – Allo stesso tempo i dati di contagi attuali sono in calo e a Mosca gli ospedali riconvertiti per Covid stanno ritornando alla normalità. Ma questo, spiega il demografo indipendente Alexej Raksha, non è legato alla vaccinazione, che al momento ha un peso esiguo, bensì a quello che l’esperto chiama “l’immunità di gregge temporanea”. Secondo la sua valutazione, la mortalità in eccesso media nel 2020 è stata in Russia pari a 340-350mila persone, cifra che Raksha ritiene interamente riconducibile al Covid, e che supera di 5-6 volte il numero ufficiale dei morti per la pandemia. Inoltre la mortalità in eccesso accumulata alla fine di febbraio 2021, secondo le stime del demografo, è pari a 430mila persone. Moltiplicando questo valore per 100 (visto che Raksha stima che la letalità per Covid in Russia sia probabilmente pari a circa l’1%, tenendo conto della composizione della popolazione russa per età), il demografo giunge alla conclusione che nella Federazione circa il 30% della popolazione abbia avuto coronavirus.
L’ambasciatore italiano a Mosca: “In preparazione l’ispezione dell’Ema” – Mentre in Russia la campagna vaccinale non decolla, il Fondo russo per gli investimenti diretti, che commercializza lo “Sputnik”, ha espresso sul suo account Twitter la speranza che l’Ema inizi presto la procedura di ‘rolling review’ per approvare il siero in Ue e si è detto disponibile ad accogliere “il prima possibile” gli ispettori europei nei propri stabilimenti produttivi. Anche all’ambasciatore italiano nella Federazione russa Pasquale Terracciano risulta da fonti pubbliche che l’ispezione dell’Ema sarebbe in preparazione. Per quanto riguarda l’uso dello “Sputnik” in via emergenziale in Italia, senza aspettare l’approvazione dell’Ema, il diplomatico dice al Fatto.it: “In via di principio è una procedura ammessa, ma non mi risulta che sia stata avviata in Italia o che vi sia l’intenzione di avviarla”. Intanto l’Italia è in contatto col Fondo sovrano russo circa i “contratti di forniture subordinate all’autorizzazione da parte dell’Ema”. Al nostro Paese potrebbero essere fornite alcuni milioni di dosi del vaccino in una prima fase, aggiunge l’ambasciatore Terracciano. Ci sono anche le riflessioni sulla possibilità di produzione dello “Sputnik” in Italia nelle uniche tre aziende che hanno bioreattori in grado di produrre il vaccino. Queste aziende “potrebbero contemplare la produzione del siero russo sia per il mercato interno, sia per quello russo, sempre previa autorizzazione dell’Ema”, sottolinea il diplomatico.
E sullo sfondo del clima teso nei rapporti tra la Russia e l’Ue per altri dossier, in primis quello dell’oppositore Alexej Navalnyj, e le accuse reciproche di strumentalizzare e politicizzare il tema del vaccino, Terracciano esprime la posizione italiana: “Riteniamo che sia imperativo per la salute dei nostri cittadini collaborare il più possibile, perché sappiamo che la lotta contro il Covid avrà successo solo se sarà condivisa da tutti i Paesi, senza contrapposizioni”.