Il Maestro, che quest’anno ha dunque deciso, per la prima volta nella sua decennale frequentazione sanremese, di non dirigere alcun big, ha trascorso gli ultimi tempi lontano da lavori discografici particolarmente impegnativi, preferendo invece dedicarsi a una serie di sperimentazioni sugli effetti della musica sugli organismi viventi
Indiscussa icona sanremese, il Maestro Beppe Vessicchio, il più noto fra i direttori del Festival della canzone italiana, anche quest’anno è tornato a dirigere sul palco dell’Ariston scommettendo, per la prima volta nella sua lunga e fortunata carriera, su un brano in gara nella sezione Nuove Proposte: si tratta di “Che ne so”, romantica e a tratti onirica canzone scritta da Elena Faggi, arrangiata e prodotta dal fratello Francesco Faggi, già autore a sua volta del brano “Jim Carrey”, uscito il mese di gennaio scorso. Nonostante le migliori premesse possibili, il brano non è però riuscito a superare la prima manche, e quella di Vessicchio alla 71esima edizione del Festival è stata così la sua più fulminea partecipazione di sempre: “La storia ci insegna – ha riferito il Maestro a FQMagazine per ilfattoquotidiano.it – che i Negramaro uscirono alla prima esecuzione per lo stesso meccanismo. Con questo non voglio negare che ci siano cose da migliorare, ma non credo che le stesse possano ribaltare quello che è accaduto. Un passaggio in più avrebbe gratificato tutti e avrebbe permesso ad Elena di gioire per un’altra esecuzione del suo brano con l’accompagnamento dal vivo di un’orchestra così numerosa”. Il Maestro, che quest’anno ha dunque deciso, per la prima volta nella sua decennale frequentazione sanremese, di non dirigere alcun big, ha trascorso gli ultimi tempi lontano da lavori discografici particolarmente impegnativi, preferendo invece dedicarsi a una serie di sperimentazioni sugli effetti della musica sugli organismi viventi: “Alla musica – ci ha ulteriormente riferito – è stato sempre attribuito un grande potere evocativo basato sul suo significato estetico-culturale. È chiaro che un portoghese gioisca del fado più di un israeliano, che invece risponderà con empatia ad un codice iddish. Le mie sperimentazioni tendono a dimostrare che l’intreccio polifonico supera le barriere culturali entrando in diretta relazione con la materia, biologica o inerte che sia. In un paio di mesi credo si potranno accumulare abbondanti dati per procedere ad una pubblicazione scientifica tramite un ente universitario”. Ed è forse anche l’attuale panorama discografico nazionale, non particolarmente generoso, ad aver allontanato una delle figure più produttive della scena pop italiana da un campo nel quale ha ricoperto, negli ultimi decenni, un ruolo di primissimo piano: “Non credo – ci ha infine confidato Vessicchio – di essere sufficientemente neutrale per rispondere sull’argomento. Amo la complessità e la competenza per gestirla. Non vorrei che qualcuno confondesse la complessità con la seriosità o più banalmente ciò che viene definito ‘palloso’ o ‘antico’. Elio e le storie tese, col loro repertorio, sono un felice esempio di una delle complessità alle quali alludo. Ma potrei citare anche gli Avion Travel, Sergio Cammariere, Giorgia ed altri. Oggi non ne vedo traccia neanche all’orizzonte. Ecco perché sono stato attratto da Elena e Francesco. Il loro linguaggio tiene conto della storia che ci ha formato e dei codici che attualmente vigono per arrivare al prossimo che ti ascolta”. Saremo dunque parzialmente orfani, quest’anno, della frase più cult di ogni edizione sanremese, quell’immancabile “Dirige l’orchestra il Maestro Beppe Vessicchio” che ci ha accompagnato, non senza una piccola pausa di un paio di anni, per decine di edizioni del Festival della canzone italiana.