La Digos di Trieste ha smantellato un’organizzazione dedita al transito di clandestini provenienti dal Kurdistan e diretti in Europa. Sono state eseguite 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere, di cui due estese in ambito europeo, e 2 arresti domiciliari nei confronti di cittadini iracheni. Uno di loro, stando a quanto riferiscono gli investigatori, aveva legami con un cittadino siriano responsabile dell’attentato terroristico del 15 settembre 2017 a Londra. I poliziotti hanno effettuato anche diverse perquisizioni che hanno coinvolto un cittadino italiano. Una decina di persone risultano indagate ma non si trovano in Italia e dunque le ricerche sono estese anche all’estero. L’operazione, denominata Hub e diretta dal pm Massimo De Bortoli della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Trieste, ha riguardato, oltre che Trieste, numerose città del nord Italia.
L’inchiesta, supportata dal Servizio per il Contrasto all’Estremismo e Terrorismo Esterno della Dcpp/Ucigos, è partita da una serie di approfondimenti su un cittadino iracheno di 30 anni, residente a Trieste, risultato in contatto con Ahmed Hassan, alias Aziz Aljaf, di 22 anni, cittadino siriano, responsabile dell’attentato terroristico compiuto il 15 settembre 2017 a Londra, quando un ordigno rudimentale fu fatto esplodere a bordo nella metropolitana alla stazione “Parson Green”. Un attentato che fu successivamente rivendicato dall’Isis. Dalle indagini non risulta tuttavia che le persone arrestate o indagate abbiano commesso reati inerenti il terrorismo internazionale.
Gli investigatori hanno accertato innanzitutto l’esistenza di una cellula triestina, costituita dal cittadino iracheno, il quale, nonostante nel corso delle indagini si sia trasferito prima in Olanda e poi in Germania, ha mantenuto la supervisione. Ora è stato fermato dalle autorità tedesche in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria triestina. Questa presunta organizzazione transnazionale avrebbe favorito l’immigrazione illegale in Europa, in particolare in Germania, Francia e Paesi del Nord, con transito e tappa per Trieste, ritenuta dagli investigatori un centro di snodo della cosiddetta ‘rotta balcanica‘. I migranti pagavano una ingente somma in danaro per ottenere il transito e dei documenti falsi. Le indagini hanno anche appurato che alcuni componenti della cellula triestina, anche con l’aiuto economico dell’organizzazione transnazionale, hanno “aperto” basi logistiche con lo stesso scopo in altri luoghi del Nord Italia, tra cui la Provincia di Bolzano.