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Papa Francesco in Iraq, il viaggio nella terra di Abramo per la fraternità universale. “Voglio incontrare quel popolo che ha tanto sofferto”

A San Giovanni Paolo II Saddam Hussein impedì il viaggio che ora Bergoglio si appresta ad affrontare e che è un inedito assoluto nella storia dei vescovi di Roma. Il Papa incontrerà cristiani e musumani, incluso il grande ayatollah Al Sistani a Najaf. Quattro giorni per promuovere il dialogo interreligioso in una terra di grandi lacerazioni e conflitti

Il viaggio di Papa Francesco in Iraq è un inedito assoluto nella storia dei vescovi di Roma. Non ci riuscì nemmeno San Giovanni Paolo II che avrebbe voluto visitare il Paese arabo alla fine del 1999 come prima tappa del suo pellegrinaggio giubilare nella terra di Abramo. Ma Saddam Hussein gli sbarrò la strada. Già per questo motivo il 33esimo viaggio di Bergoglio, in programma dal 5 all’8 marzo, è sicuramente un evento storico. Né i numerosi e sanguinosi attentati terroristici della vigilia, né il lockdown deciso dalle autorità irachene per arginare la diffusione del Covid-19 hanno fermato il Papa. Nonostante proprio prima dell’arrivo di Bergoglio anche il nunzio in Iraq, monsignor Mitja Leskovar, è risultato positivo. “Da tempo – ha affermato Francesco – desidero incontrare quel popolo che ha tanto sofferto; incontrare quella Chiesa martire nella terra di Abramo. Insieme con gli altri leader religiosi, faremo anche un altro passo avanti nella fratellanza tra i credenti. Vi chiedo di accompagnare con la preghiera questo viaggio apostolico, perché possa svolgersi nel migliore dei modi e portare i frutti sperati. Il popolo iracheno ci aspetta; aspettava San Giovanni Paolo II, al quale è stato vietato di andare. Non si può deludere un popolo per la seconda volta”.

Significativo è il motto scelto per il viaggio in un Paese profondamente segnato dall’estremismo islamico e dalle pressioni dell’Iran: “Siete tutti fratelli”. L’appuntamento più importante della fitta agenda del Papa sarà l’incontro con il grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al Sistani, la massima autorità sciita dell’Iraq, che si svolgerà a Najaf. Un faccia a faccia che sarà per Francesco l’occasione per ribadire la dichiarazione sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmata da Bergoglio ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019, insieme al grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, la massima autorità dell’islam sunnita. Documento molto apprezzato dall’assemblea generale delle Nazioni Unite che, nel dicembre scorso, ha dichiarato all’unanimità il 4 febbraio Giornata internazionale della fratellanza umana. In quella dichiarazione, infatti, i due leader religiosi condannano “il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo” e che “non è dovuto alla religione, anche se i terroristi la strumentalizzano”. E sottolineano che “il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli”.

Bergoglio ne parlerà con il primo ministro iracheno, Mustafa Al Kadhimi, che lo accoglierà all’aeroporto di Baghdad, e con il presidente Barham Salih nel palazzo presidenziale della capitale. Quest’ultimo è stato ricevuto due volte in Vaticano, nel 2018 e nel 2020. Dopo l’incontro con le autorità del Paese alle quali rivolgerà il suo primo discorso in Iraq, Francesco parlerà a tutti i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e i catechisti nella cattedrale siro-cattolica della capitale. L’indomani Bergoglio celebrerà la messa in rito caldeo, primo Pontefice a farlo, nella cattedrale di San Giuseppe. Oltre Baghdad e Najaf, il Papa visiterà anche Ur, Erbil, Mosul e Qaraqosh. A Ur dei caldei, la terra di Abramo, si svolgerà un incontro di tutte le religioni presenti in Iraq. A Mosul, città della quale sono originari la maggioranza dei cristiani della Nazione, il Papa pregherà per le vittime delle violenze che si sono consumate durante l’occupazione dello Stato Islamico. Da questa terra sono fuggiti più di 120mila cristiani in una sola notte per non essere uccisi. A Qaraqosh Francesco porterà la solidarietà della Chiesa a chi si china sulle sofferenze degli altri. Da questo piccolo villaggio cristiano della Piana di Ninive, infatti, arriva l’aiuto ai cristiani sfollati affinché possano tornare nelle loro terre. A Erbil celebrerà la messa nello Stadio Franso Hariri dopo aver incontrato il presidente e il primo ministro della regione autonoma del Kurdistan iracheno e le autorità religiose.

Come ha spiegato a ilfattoquotidiano.it il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, “i significati del viaggio del Papa in Iraq sono molteplici: il primo è quello della pace. L’Iraq è un paese dilaniato dalla guerra, dalla violenza e dal terrorismo da quasi venti anni. Possiamo solo immaginare quale sia il sollievo per il popolo iracheno, a qualsiasi confessione religiosa o etnia appartenga, essere visitato dalla più alta autorità religiosa mondiale con un messaggio di pace. I segni della presenza del Papa sono eloquenti: la preghiera con le religioni a Ur patria di Abramo, il padre di tutti i credenti. Un gesto che richiama la svolta conciliare nel dialogo interreligioso e il cammino che ne è seguito sino alla enciclica ‘Fratelli tutti’. L’incontro con il grande ayatollah Al Sistani a Najaf città santa dei musulmani sciiti, che rappresentano una tradizione che separa la religione dalla politica. L’incontro con le comunità cristiane ridotte fortemente di numero in questi ultimi anni, ma desiderose di vivere da cittadini riconosciuti della nazione irachena. La visita ai luoghi simbolo della persecuzione dei cristiani come Mosul e Qaraqosh per dare forza e sostegno a quelle comunità. La prima volta di un Papa che celebra la liturgia in rito caldeo a Baghdad come riconoscimento della grande tradizione di cui è erede questa grande Chiesa che ha portato il Vangelo fino in India. Insomma – conclude Impagliazzo – un viaggio storico, ma che guarda verso il futuro: quello della fraternità universale. Sarebbe bello se tutti i cristiani del mondo in quei giorni si raccogliessero in preghiera perché questo viaggio abbia successo e sia senza pericoli”.

Twitter: @FrancescoGrana