A propositi di grandi star inavvicinabili anche Raffaella Longobardi, altra storica inviata de La Vita in Diretta, ha il suo cassetto pieno di ricordi. «Negli anni ne ho viste di tutti i colori, con gli staff degli artisti erano delle vere e proprie lotte: più blindavano le star più provavo a spuntarla per due battute in diretta. Come si aggira l’ostacolo? Io non sono solita abbattermi, raccontiamo quel che accade con pochi filtri e tutto il nostro entusiasmo», rivela. Quando a questa edizione, spiega: «In sedici anni non avevo mai visto un Festival così, resterà nella storia». Cambia tutto, anche la prospettiva dalla postazione fuori dall’Ariston, dove il calore del pubblico assembrato alle transenne è stato azzerato dai protocolli. «Senza il colore, non è la stessa cosa. Gli anni passati mi coccolavano le signore, mi portavano dolci e caffè, arrivavano da tutta Italia per vedere magari anche a distanza i big in gara o i conduttori. C’era persino un signore che ogni anno mi inseguiva, un vero e proprio fan». Un lavoro ridotto e condizionato ma in parziale movimento. Discorso diverso per i giornalisti accreditati, quest’anno presenti non al Roof del Teatro Ariston, dove hanno trovato spazio nuovi camerini, e nemmeno al Palafiori, dirottati nella Sala De Santis del Casinò. Poco più di 60 in presenza e quasi 200 da remoto. Tamponi ogni 72 ore, dopo uno all’arrivo e con un precedente di 48 ore, mascherine obbligatorie Ffp2. Una sala stampa ridotta anche negli orari, così l’apertura fissata alle dieci e mezza vede lo stop subito dopo la conferenza stampa principale delle 12 con Amadeus, dirigenti Rai e volti del cast dell’evento. Al pomeriggio spazio alla sanificazione e in serata la possibilità di seguire la serata con apertura alle 20. Così tutte le conferenze degli artisti in gara si svolgono da remoto. E al Casinò le regole sono chiare, si sta seduti il più possibile, all’interno della sala solo acqua, nessun bar aperto. Nemmeno macchinette per il caffè. Un Sanremo da ricordare.