"Bisogna fare i conti con la disponibilità limitata dei vaccini da un lato e con i ritardi delle Regioni dall’altro", ha il segretario della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, in un'intervista all'Ansa. Mentre il presidente della Società italiana di medicina generale (Simg), Claudio Cricelli, ha detto che per AstraZeneca "esistono evidenze di efficacia anche sugli over-65 con patologie" ed è quindi giusto dare a loro la precedenza
C’è la disponibilità dei medici sul territorio, ma per imprimere il cambio di passo alla campagna vaccinale italiana c’è bisogno di un numero decisamente maggiore di dosi. Secondo quanto denuncia il segretario della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, ogni medico di base ha a disposizione appena dieci dosi a settimana nelle regioni in cui si è avviato il loro coinvolgimento nella campagna. Ma c’è di più: la maggiore disponibilità del vaccino AstraZeneca ha fatto sì che a rimanere indietro con le somministrazioni siano i soggetti che ne avrebbero più bisogno, ovvero le persone fragili con patologie.
“Bisogna fare i conti con la disponibilità limitata dei vaccini da un lato e con i ritardi delle Regioni dall’altro – ha spiegato Scotti in un’intervista all’Ansa – In questa prima settimana stimiamo in circa 100mila le dosi arrivate ai medici nelle regioni partite. Se altre partiranno nei prossimi giorni, stimiamo per la prossima settimana l’arrivo di 200mila dosi”. Il punto, però, è che sono ancora poche le aree in cui è concretamente partita la vaccinazione negli studi medici. Dopo la recente firma del protocollo nazionale per la partecipazione dei medici, solo in 12 Regioni sono stati sottoscritti i necessari accordi regionali. Le dosi “sono sicuramente poche – aggiunge Scotti -, ma va sottolineato anche il ritardo delle Regioni negli accordi”.
La maggior disponibilità del vaccino AstraZeneca rispetto a quelli pensati per le categorie più fragili, come Pfizer e Moderna, sta inoltre creando quello che Scotti non ha problemi a definire un problema di “discriminazione nei confronti dei soggetti più vulnerabili, ovvero i soggetti fragili con patologie. Dal momento che il vaccino che sembrerebbe più disponibile è AstraZeneca, utilizzabile però solo nella fascia 18-65 anni senza patologie, molte dosi non si stanno utilizzando per la categoria dei vulnerabili ma sono dirottate su altri soggetti meno prioritari”. Il risultato, afferma, “è che si stanno vaccinando soggetti più giovani, sia pure di categorie essenziali, ma non i malati cronici che sono molto più a rischio”.
Partendo da queste valutazioni, la Federazione chiede quindi al governo “l’immediata tutela dei soggetti fragili e di velocizzare la disponibilità di tutti i vaccini utilizzabili”. Un appello analogo è rivolto dal presidente della Società italiana di medicina generale (Simg), Claudio Cricelli, al premier Mario Draghi: bisogna dare “immediata priorità nella somministrazione dei vaccini anti-Covid alle persone ammalate croniche, con più patologie e sottoposte a più trattamenti. Questa categoria di persone – sottolinea – è quella che ha pagato di più in termini di decessi nel nostro Paese, oltre il 98%”. Tuttavia, denuncia, “per incomprensibili circostanze, in Italia la campagna vaccinale ha coinvolto soggetti sani, persone giovani, ma non ha ancora lontanamente sfiorato proprio queste categorie di soggetti che sono invece quelle più sottoposte a contagio e mortalità”. Il risultato, ha poi concluso, è che “si stanno vaccinando col vaccino AstraZeneca categorie come avvocati o giudici, come in Toscana, ma non i malati, mentre per tale vaccino esistono evidenze di efficacia anche sugli over-65 con patologie”.