La crescita dei casi porterà a una maggiore pressione sugli ospedali, appesantiti dagli strascichi dell'ondata autunnale e finiti nuovamente sotto pressione appena i contagi sono tornati attorno ai 20mila al giorno. Così nel giro di due settimane il tasso di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive a livello nazionale è arrivato al 28%, a un soffio da quota 30, individuato dallo stesso governo come la soglia critica. Ma nel giro di pochi giorni potrebbero diventare 15 le aree oltre il limite di saturazione accettabile
Il Dpcm entrato in vigore sabato 6 rischia di subire una correzione importante nel giro di qualche giorno. Lo impone la crescita dei contagi che porterà a una maggiore pressione sugli ospedali, già appesantiti dagli strascichi dell’ondata autunnale e finiti nuovamente sotto pressione appena i casi sono tornati a salire attorno ai 20mila al giorno. Così nel giro di due settimane il tasso di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive a livello nazionale è arrivato al 28%, a un soffio da quota 30, individuato dallo stesso governo come la soglia critica. Un muro già sfondato – stando ai dati Agenas – da 11 Regioni e Province autonome su venti, tre in più rispetto a sette giorni fa. E sei di queste sono oltre il 40% di occupazione in area medica.
Non solo: altre 4 Regioni hanno una percentuale di posti letto di rianimazione occupati tra il 24 e il 27 per cento, ormai vicine al limite. I dati sono destinati ad aumentare nei prossimi giorni – anche in area medica dove il dato nazionale è al 32%, in aumento di 4 punti percentuali in due settimane e a 8 dalla criticità – sotto la spinta dei contagi dell’ultima settimana, che solitamente si riflettono sugli accessi nelle strutture sanitarie a distanza di qualche tempo. Da qui l’allarme scattato nel governo Draghi e sostanziato da quanto messo a verbale dal Comitato tecnico scientifico, che ha caldeggiato la zona rossa automatica quando una Regione supera i 250 casi settimanali ogni 100mila abitanti, esprimendo “grande preoccupazione” per l’evoluzione della pandemia e suggerendo un “innalzamento” delle misure “su tutto il territorio nazionale” affinché si arrivi alla “riduzione delle interazioni fisiche e della mobilità”.
I numeri chiariscono meglio la situazione che stanno vivendo di nuovo gli ospedali, dove il 6 marzo – giorno di entrata in vigore di un Dpcm “pensato” e sostanzialmente scritto dieci giorni prima – risultavano ricoverati nei reparti Covid 20.701 contagiati e altri 2.571 vengono assistiti in terapia intensiva. Le strutture sanitarie sono particolarmente affaticate in sei regioni, che superano la soglia critica sia in terapia intensiva che in area medica. Si tratta di Abruzzo (41% e 42%), Emilia-Romagna (36 e 44), Lombardia (40 e 43), Marche (40 e 51), Molise (49 e 40) e Umbria (59 e 50), mentre altre cinque hanno oltre il 30% di posti letto occupati in rianimazione: Friuli-Venezia Giulia (36), Provincia di Bolzano (37) e di Trento (53), Piemonte (31) e Toscana (32). E altre quattro aree – Campania, Lazio, Liguria e Puglia – sono destinate ad accodarsi, avendo già valori vicini alla soglia.
Lo scenario è allarmante e in un’intervista a Il Corriere della Sera il ministro della Salute Roberto Speranza è tornato a sottolineare di essere “rigorista” perché “realista”: “Ricevo chiamate preoccupate dai governatori che stanno firmando ordinanze restrittive anche da zone rosse”. Così nei prossimi giorni si va verso un nuovo round di incontri con il Comitato scientifico per fissare quale sarà il punto di non ritorno oltre il quale sarà necessario intervenire con una nuova stretta per correggere le misure, magari uniformandole a livello nazionale, senza attendere che ogni singola Regione scivoli in zona rossa. Anticipare le misure insomma provando a contenere la cavalcata dei contagi che, sotto la spinta delle varianti, rischiano di mandare in tilt gli ospedali già oggi pieni come nei giorni di Natale, quando si era nella coda della seconda ondata e tutta l’Italia si trovava in zona rossa.