In questa città più di 120mila cristiani sono fuggiti in una sola notte per non essere uccisi durante l’occupazione dello Stato Islamico, così a Mosul Bergoglio ha voluto pregare per le vittime della guerra. E ha ringraziato le donne irachene: "Continuano a donare vita nonostante i soprusi e le ferite"
“Oggi, malgrado tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra. Questa convinzione parla con voce più eloquente di quella dell’odio e della violenza e mai potrà essere soffocata nel sangue versato da coloro che pervertono il nome di Dio percorrendo strade di distruzione”. Da Mosul, dove l’Isis proclamò la nascita del Califfato, arriva l’ultimo forte appello di Papa Francesco nel suo terzo e ultimo giorno in Iraq. In questa città più di 120mila cristiani sono fuggiti in una sola notte per non essere uccisi durante l’occupazione dello Stato Islamico. A Mosul Bergoglio ha voluto pregare per le vittime della guerra.
“Com’è crudele – ha affermato il Papa – che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone, musulmani, cristiani, yazidi e altri, sfollati con la forza o uccisi”. Da qui la preghiera del Papa: “Se Dio è il Dio della vita, e lo è, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace, e lo è, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore, e lo è, a noi non è lecito odiare i fratelli”. E ha aggiunto: “Preghiamo anche per tutti noi, perché al di là delle appartenenze religiose possiamo vivere in armonia e in pace, consapevoli che agli occhi di Dio siamo tutti fratelli e sorelle”.
Francesco ha poi visitato la comunità di Qaraqosh, nella chiesa dell’Immacolata concezione. Da questo piccolo villaggio cristiano della Piana di Ninive arriva l’aiuto ai cristiani sfollati affinché possano tornare nelle loro terre. “Questo nostro incontro – ha spiegato il Papa – dimostra che il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola”. Bergoglio ha sottolineato, inoltre, che “il perdono è necessario da parte di coloro che sono sopravvissuti agli attacchi terroristici. Perdon, questa è una parola-chiave. Il perdono è necessario per rimanere nell’amore, per rimanere cristiani. La strada per una piena guarigione potrebbe essere ancora lunga, ma vi chiedo, per favore, di non scoraggiarvi. Ci vuole capacità di perdonare e, nello stesso tempo, coraggio di lottare. So che questo è molto difficile. Ma crediamo che Dio può portare la pace in questa terra. Noi confidiamo in lui e, insieme a tutte le persone di buona volontà, diciamo ‘no’ al terrorismo e alla strumentalizzazione della religione”.
Da Francesco l’invito a lavorare insieme per la ricostruzione “nel rispetto delle differenze, delle diverse tradizioni religiose, nello sforzo di costruire un futuro di unità e collaborazione tra tutte le persone di buona volontà”. Con un pensiero particolare per le donne irachene: “Vorrei dire grazie di cuore a tutte le madri e le donne di questo Paese, donne coraggiose che continuano a donare vita nonostante i soprusi e le ferite. Che le donne siano rispettate e tutelate! Che vengano loro date attenzione e opportunità!”. A Erbil, dove è stato accolto dal presidente e dal primo ministro della regione autonoma del Kurdistan iracheno, l’ultima tappa del viaggio del Papa in Iraq con celebrazione della messa nello Stadio Franso Hariri.
“In questi giorni passati in mezzo a voi, – ha affermato Bergoglio al termine della liturgia – ho sentito voci di dolore e di angoscia, ma ho sentito anche voci di speranza e di consolazione. E questo è merito, in buona parte, di quella instancabile opera di bene che è stata resa possibile grazie alle istituzioni religiose di ogni confessione, grazie alle vostre Chiese locali e alle varie organizzazioni caritative, che assistono la gente di questo Paese nell’opera di ricostruzione e rinascita sociale”. Poi il congedo: “Ora, si avvicina il momento di ripartire per Roma. Ma l’Iraq rimarrà sempre con me, nel mio cuore. Chiedo a tutti voi, cari fratelli e sorelle, di lavorare insieme in unità per un futuro di pace e prosperità che non lasci indietro nessuno e non discrimini nessuno. Vi assicuro le mie preghiere per questo amato Paese. In modo particolare, prego che i membri delle varie comunità religiose, insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, cooperino per stringere legami di fraternità e solidarietà al servizio del bene comune e della pace”.