Il vaccino sviluppato dall’università di Oxford è nell’occhio del ciclone per le dosi pattuite e mai consegnate in Europa, ma in Italia è al centro di un paradosso inverso: due terzi delle dosi consegnate è ancora nei frigoriferi. Se è andata così non è colpa del produttore, non è colpa dell’Europa. Una circolare del ministero della Salute oggi ha autorizzato l’uso di AstraZeneca anche agli over 65. La decisione mette fine a un ritardo che ha lasciato senza protezione la parte di popolazione più a rischio per oltre un mese, e proprio alla vigilia della terza ondata. Il 29 gennaio l’Agenzia europea del Farmaco (Ema) ne aveva autorizzato l’uso dai 18 anni in sù. In Italia fino ad oggi è stato invece limitato per fasce d’età: prima fino ai 55 anni, poi ai 65enni e solo da oggi – con la circolare a firmata del dg della prevenzione Giovanni Rezza – sarà un “vaccino per tutti”. Dunque da somministrare dai 18 anni in sù, come indicato dall’Ema. Nel frattempo, però, per oltre un mese non ha protetto chi ne aveva più bisogno, pur essendo materialmente a disposizione della popolazione italiana.

Perché è successo? La formulazione del vaccino è la stesa, a cambiare sono stati solo timbri e tempi della burocrazia che, per motivi ancora da capire, ha stabilito a un certo punto di fissare (e poi spostare) i limiti di età, col risultato di lasciar sguarnita per oltre un mese la parte di popolazione più bisognosa di protezione. La più anziana e più fragile, proprio quando i contagi hanno ripreso a correre più forte che mai. Ecco, questa burocrazia ha ora un nome e un indirizzo: è il regolatore dei farmaci in Italia, l’Aifa. Il 29 gennaio l’Agenzia Europea (Ema) aveva approvato il vaccino senza alcun limite di età. Un’indicazione inizialmente non recepita dall’agenzia italiana del farmaco la quale ha prima approvato l’uso limitatamente alla fascia dai 18 ai 55 anni, per poi estenderlo venti giorni dopo dai 55 ai 65 anni. Un avvio a singhiozzo, nonostante le evidenze scientifiche dimostrassero non solo la sicurezza ma anche l’efficacia per classi di popolazione di età maggiore. Sul tema è dovuto intervenire lo stesso ministro Speranza assicurando che “domani, il giorno dopo al massimo, dal ministero della Salute arriverà la circolare che estende la somministrazione alla popolazione over 65”.

“C’è voluto più di un mese, una cosa gravissima”, tuona il viceministro Pierpaolo Sileri che punta il dito contro i vertici dell’Agenzia. E la sua rabbia è legata al fatto che fu proprio dalla sua casella di posta elettronica che l’1 di febbraio, vale a dire due giorni dopo l’ok dell’Ema e oltre un mese fa, era partita una mail alla direzione generale dell’Agenzia. Il vice di Speranza chiedeva “Chiarimenti sul vaccino AstraZeneca”. Sei righe nelle quali Sileri invitava il DG Nicola Magrini a “rivedere le indicazioni in merito all’età e/o fragilità che creano a mio avviso confusione, e verosimilmente non rispecchiano appropriatamente i dati scientifici che abbiamo a disposizione. Con particolare considerazione nella fascia tra i 55 e i 65 anni”. Ma a quella mail, racconta ora Sileri, non è mai seguita risposta. “Nel frattempo si è perso tempo prezioso”, chiosa il medico. E così ci sono voluti 20 giorni per autorizzare quel che chiedeva e un mese e più per omologarsi alle indicazioni iniziali dell’Ema, alla quale per altri versi – vedi monoclonali o vaccini russi – Aifa dice di attenersi rigorosamente.

“E’ arrivato a chiederlo il ministro in persona – attacca Sileri – nonostante l’avessi fatto io stesso più di un mese fa. Abbiamo così perso un mese importantissimo nel quale sono rimaste scoperte fasce d’età vulnerabili. Parliamo di un mese di ritardo su un vaccino alla vigilia della terza ondata: è un fatto di una gravità inaudita”. La falsa partenza a singhiozzo del terzo vaccino disponibile in Italia spiega perché nei freezer sono stipate 1,5 milioni di dosi consegnate dalla multinazionale, mentre quelle utilizzate sono soltanto 516.489, in pratica soltanto un terzo.

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