Il Comitato tecnico scientifico, riunito d'urgenza, chiede all'esecutivo di rafforzare le misure anti-contagio alla luce delle varianti e della crescente pressione sugli ospedali. Sul tavolo ci sono quindi una serie di restrizioni che andranno a modificare in anticipo l'attuale dpcm, entrato in vigore solo da pochi giorni. Ecco cosa prevedono
Serrata nei weekend come durante le vacanze di Natale, zone rosse locali con controlli in entrata e in uscita sul modello Codogno, più restrizioni nelle Regioni gialle. A un anno dal primo lockdown, con le varianti del Covid che spingono verso l’alto la curva dei contagi e riportano in sofferenza gli ospedali, il Comitato tecnico scientifico chiede in modo netto al governo di rafforzare le misure anti-contagio. E fornisce alcune indicazioni su come modificare in anticipo l’attuale dpcm, entrato in vigore solo da pochi giorni. Gli esperti, che in mattinata si sono riuniti con urgenza su richiesta dell’esecutivo, hanno anche segnalato la necessità di ridurre l’incidenza dell’infezione per ristabilire il contact tracing, accelerare la campagna vaccinale estendendola a “più soggetti possibili” e potenziare il sequenziamento del virus per individuare prima possibile le varianti. L’obiettivo, quindi, non è solo quello di contenere il Covid e ridurre la pressione sulle strutture sanitarie (in una decina di Regioni le terapie intensive sono già sopra la soglia critica del 30% di posti letto occupati), ma anche quello di mettere al riparo le somministrazioni del vaccino che il premier Mario Draghi ha intenzione di rafforzare in vista dell’arrivo massiccio di dosi previsto a partire da aprile.
Resta da capire quante delle indicazioni del Cts verranno recepite dal governo. La prima proposta è quella di reintrodurre il meccanismo di aperture e chiusure “a fisarmonica” introdotto dal precedente esecutivo esclusivamente per le festività natalizie. Prevede che nei giorni festivi e prefestivi scattino le regole tipiche della zona rossa: spostamenti consentiti solo per motivi di salute, lavoro o necessità (al netto di alcune deroghe), negozi chiusi, ristoranti e bar aperti solo per asporto e consegne a domicilio. Per quanto riguarda le Regioni gialle, l’indicazione è di rafforzare le regole attualmente in vigore, anche se al momento non sono stati diffusi dettagli su come farlo. Gli scienziati suggeriscono poi di rafforzare i controlli nelle zone rosse, proprio come avvenuto a Codogno e nel Lodigiano durante la prima ondata. L’idea è quella di disporre posti di blocco in accesso e uscita dai singoli territori. L’ultimo punto riguarda l’introduzione di un meccanismo automatico per far slittare in rosso i comuni e le province dove si registrano più di 250 casi su 100mila abitanti. Per farlo, però, avverte il Cts, urge velocizzare la trasmissione dei dati per evitare di fare valutazioni su dati vecchi di due settimane, come invece avviene tuttora.
La discussione arriva a poco più di un anno dalla morte di Adriano Trevisan, il 78enne di Vò Euganeo che sarà ricordato per sempre come la prima vittima del Covid nel nostro paese. Il totale ha superato la soglia simbolica dei 100mila morti, inimmaginabile fino a 12 mesi fa: i decessi per il virus sono il doppio di quelli dell’Aids, 34 volte quelli del terremoto dell’Irpinia, 50 volte quelli del Vajont, 300 volte quelli de L’Aquila. Le 318 vittime nelle ultime 24 ore portano infatti il totale a 100.103 e non è affatto finita visto che i ricoveri nelle terapie intensive e nei reparti ospedalieri salgono inesorabilmente (2.700 sono ora i pazienti in rianimazione, 34 più di ieri, e 21.831 quelli nei reparti ordinari, con un incremento di ben 687) e ci sono altri 13.902 positivi, 7mila meno di ieri ma con 90mila tamponi in meno, tanto che il tasso di positività resta stabile al 7,5%. In una situazione simile, con “ogni vita che conta”, come dice il premier Draghi, mantenere le misure restrittive e anzi rafforzarle è l’unica strada possibile. “Le prossime ore non saranno facili, dobbiamo provare a piegare la curva e richiamare tutti alla massima attenzione”, ribadisce il ministro della Salute Roberto Speranza che lunedì ha prima incontrato i tecnici con la collega Mariastella Gelmini e poi ha visto il presidente del Consiglio per informarlo sul nuovo piano vaccini. Nelle prossime ore potrebbe esserci una nuova cabina di regia, in vista del nuovo incontro di giovedì con le Regioni, in cui si riaffronteranno i tre temi che sono stati al centro della precedente riunione: distribuzione, logistica, somministrazione.
E si parlerà delle nuove misure anche alla luce della riunione del Cts. Nella maggioranza c’è tensione sull’ipotesi del lockdown generale, che al momento però nessuno avrebbe messo sul tavolo in maniera netta. Matteo Salvini esplicita la contrarietà della Lega: “chiudere adesso senza vaccini non serve a niente e nessuno”. Posizione sulla quale si schiera il governatore della Liguria, Giovanni Toti, “totalmente e fortemente contrario all’ipotesi di una chiusura generalizzata”. Realista invece Silvio Berlusconi, secondo il quale “la stagione dei sacrifici non è finita e i dati non ci consentono di abbassare la guardia“. Per difendere la scuola è invece Italia Viva ad invocare il lockdown: “Tenerle chiuse e lasciare aperto il resto è inutile e sbagliato. Se devono chiudere allora è preferibile un lockdown generale e breve per poi cercare di riaprire tutto in sicurezza”. Il punto di caduta potrebbe essere quindi quello di un rafforzamento delle restrizioni in vigore, con la riconferma del meccanismo a fasce introdotto dal governo Conte.
Intanto, con il nuovo monitoraggio settimanale dell’Iss previsto per venerdì, la maggior parte delle regioni finirà in fascia rossa e arancione (in giallo potrebbero rimanere solo Sicilia e forse Valle d’Aosta e Liguria, mentre la Sardegna resta bianca) e dunque scatteranno le misure più restrittive, con la chiusura dei ristoranti anche a pranzo, in arancione, e dei negozi, in rosso. Da lunedì Frosinone è in zona rossa, mentre lo saranno da mercoledì le province di Pesaro Urbino e Fermo, che si aggiungono a quelle di Ancona e Macerata e portano quasi tutte le Marche in rosso, e Viareggio. Il Piemonte attenderà invece venerdì. “Ci avviciniamo ai 250 casi ogni 100mila abitanti, il passaggio è molto probabile, un rischio piuttosto concreto” dice l’assessore alla Sanità Luigi Icardi. In Emilia-Romagna, una delle regioni più in difficoltà, dopo l’intera Romagna, Modena e Bologna in rosso potrebbe finire anche le province di Ferrara e di Parma, mentre in Veneto per il momento non cambierà nulla anche se tre province – Padova, Treviso e Verona – sono in sofferenza. Come la Campania: per volontà del governatore Vincenzo De Luca la regione è già rossa, ma ha un rapporto positivi tamponi al 14,4. il doppio del valore nazionale.