La posizione di Andrew Cuomo si fa sempre più precaria. La leader democratica dello Stato di New York chiede le sue dimissioni da governatore. “Cuomo deve andarsene”, dice Andrea Stewart-Cousins, che guida la delegazione democratica all’Assemblea legislativa di Albany. Secondo Stewart-Cousins, Cuomo avrebbe creato “un ambiente di lavoro tossico” incompatibile con l’azione legislativa. Non ci penso proprio, è la risposta del governatore, che in una conferenza stampa convocata in tutta fretta domenica ricorda di essere stato eletto “dal popolo, non dai politici”. Fiaccato da accuse di molestie sessuali, e da un’indagine sulla gestione delle case di riposo durante la pandemia, Cuomo è però in serie difficoltà. Per la prima volta, dopo tre mandati da governatore, uno degli uomini politici più potenti e temuti d’America rischia di soccombere.
LE MOLESTIE – Sono almeno cinque le donne che accusano Cuomo di molestie sessuali. Tra queste c’è Charlotte Bennett, 25 anni, ex sua collaboratrice, che in un’intervista al “New York Times” ha raccontato di una passata conversazione col governatore. Cuomo, 63 anni, le avrebbe chiesto dei suoi gusti sessuali e se ritenesse la differenza d’età “da ostacolo a una relazione”. Dopo aver segnalato la cosa alla chief of staff di Cuomo, Bennett è stata trasferita a nuove mansioni. Altre accuse vengono da Karen Hinton, anche lei ex collaboratrice di Cuomo quando questi era segretario allo “Housing and Urban Development”. In un’intervista al “Washington Post”, Hinton afferma che Cuomo nel 2000 l’abbracciò in modo particolarmente intimo. Al “Wall Street Journal” un’altra donna, Ana Liss, dice che Cuomo l’ha baciata sulle mani e ha fatto domande imbarazzanti sulla sua vita sessuale. Un’altra ex ex collaboratrice, Lindsey Boylan, accusa Cuomo di averla baciata e invitata a giocare a una partita di “strip poker”.
La reazione di Cuomo alle accuse è stata sprezzante. Hinton sarebbe una “antica avversaria politica”, del tutto inattendibile. Le domande troppo intime alle collaboratrici farebbero parte di una strategia per costruire un ambiente di lavoro il più possibile informale. “Mi capita spesso di chiedere alle persone del mio ufficio, come va? – ha spiegato Cuomo -. Gli domando cosa succede nelle loro vite, se hanno una relazione, cose così. È il mio modo per farci una chiacchierata amichevole”. Solo nel caso di Charlotte Bennett, Cuomo ha mostrato una vaga ammissione di responsabilità: “Non ho mai, mai pensato di offendere o causare del dolore a qualcuno – ha spiegato -. È l’ultima cosa che vorrei”. Al di là di questi giri di parole, che sanno di giustificazione più che di scuse, Cuomo non è andato. “Sono accuse politiche – dice -. Non annullano la volontà di chi mi ha votato alle elezioni”.
LA GESTIONE DELLE CASE DI RIPOSO – In realtà non ci sono soltanto le accuse di molestie sessuali a gettare un’ombra sul futuro di Cuomo. Un’inchiesta federale aperta nelle scorse settimane cerca di valutare eventuali responsabilità dell’amministrazione Cuomo nella gestione dell’emergenza coronavirus. I collaboratori di Cuomo avrebbero infatti alterato il numero di morti per Covid-19. Circa quattromila persone, decedute in ospedale ma comunque contagiate nei ricoveri per anziani, sarebbero finite nel calcolo dei morti complessivo, ma non in quello specifico delle case di riposo. Questo, per ammissione degli stessi collaboratori di Cuomo, per evitare un’inchiesta da parte del Dipartimento di Giustizia di Trump, che nella fase più acuta della pandemia intratteneva un feroce duello politico e umano con il governatore di New York. Cuomo, in altre parole, non voleva che il giudizio sul suo operato venisse scalfito dai morti negli ospizi. Va anche ricordato che lo scorso aprile proprio Cuomo ha inserito nel budget statale una norma che garantisce immunità legale alle strutture sanitarie, tra cui le case di riposo, contro eventuali denunce per malasanità. E va ancora ricordato che ospedali e lobby sanitarie hanno contribuito con oltre due miliardi di dollari all’ultima campagna elettorale di Cuomo.
Sfiniti dalle continue polemiche, i democratici dello Stato di New York hanno mollato il governatore. Venerdì deputati e senatori di Albany hanno privato Cuomo di quei poteri straordinari che gli erano stati attribuiti a inizi pandemia. E, con diverse sfumature, ne chiedono ora un passo indietro. Se la leader democratica va diritta alla richiesta di dimissioni, lo speaker democratico dell’Assemblea legislativa, Carl E. Heastie, è più sfumato ma non meno negativo: Cuomo “ha perso la capacità di guidare lo Stato”, dice. E un deputato di Queens, Ron T. Kim (che tra l’altro ha avuto durante la pandemia uno zio morto in una casa di riposo), definisce Cuomo “un abusatore e un codardo”. Insomma, non potrebbe essere più clamorosa l’insofferenza dei democratici di New York nei confronti del loro più alto rappresentante. Come se, dopo anni passati a subire il potere incondizionato di Cuomo, molti dei suoi stessi alleati non ne potessero più e volessero la sua testa.
UN POLITICO POCO AMATO – Il fatto è che Andrew Cuomo è stato un politico più temuto che amato; più sopportato che rispettato. Si racconta che, durante il suo primo mandato da governatore, ci sia stata una festa di nozze tra due ex funzionari della sua amministrazione. Al momento dei brindisi – la sala era piena di collaboratori vecchi e nuovi del governatore – qualcuno ha ironicamente chiesto: “In questa stanza, chi si è beccato le urla e le prepotenze di Cuomo?”. In uno scoppio collettivo di risa, quasi tutti hanno alzato la mano. Nei decenni, Cuomo si è del resto fatto la fama di politico aggressivo e irascibile. Sono innumerevoli i casi di collaboratori travolti da salve di insulti, intimidazioni, minacce. “Ti faccio fuori!”, è stata la frase che il governatore ha gridato a un membro del suo staff, colpevole di non avergli passato correttamente una chiamata. Tre deputate democratiche che lo hanno di recente criticato sono state bollate come delle “fottute idiote”. Proprio Ron Kim, che si è permesso di criticare Cuomo sulle case di riposo, ha ricevuto alcuni giorni fa una telefonata dal governatore, che lo ha minacciato di “distruggerlo per sempre”. E a un gruppo progressista che nel 2018 ebbe l’ardire di appoggiare la sua rivale nella corsa a governatore, Cynthia Nixon, Cuomo lanciò un insulto poco gentile: “child rapists”, siete degli stupratori di bambini.
Karen Hinton, una delle donne che lo accusa, dice che “il suo strumento di governo è il terrore”. Chi lo difende fa notare che Cuomo può apparire duro ma solo perché pretende il meglio dai suoi collaboratori; che la politica di New York è la più brutale d’America e non è fatta per le “anime belle”; e che Cuomo ha imparato il mestiere lavorando da consulente per il padre Mario, anche lui governatore di New York e anche lui costretto a navigare tra gli scogli affilati della politica dell’Empire State. In effetti, Cuomo è stato un governatore discusso ma efficace. A lui spetta l’introduzione di riforme a lungo chieste dai gruppi progressisti: la legalizzazione dei matrimoni gay, l’innalzamento dei minimi salariali, la riforma del sistema giudiziario. Il suo realismo brutale non gli ha però mai fatto perdere di vista i veri centri del potere nello Stato. Tra i suoi più importanti sostenitori ci sono gruppi e milionari degli hedge fund, delle società immobiliari e farmaceutiche, e ancora banche, assicurazioni, petrolio. Un occhio ai valori progressisti e l’altro al potere dei soldi, Cuomo è stato un democratico centrista, garante di equilibri e ambizioni di uno dei luoghi più ricchi e spietati del pianeta.
CUOMO “PROTAGONISTA” DELLA PANDEMIA – Un momento unico nella sua carriera politica è arrivato con la pandemia. È stato allora che il politico brutale e ambizioso si è trasformato in un monumento di compassione umana. Per settimane le sue conferenze stampa sono diventate dei veri e propri show, con personaggi, trame, storie, battute, annunci – tanto che a Cuomo e alle sue esibizioni è stato assegnato addirittura un Emmy, l’Oscar della televisione. Complice la voglia di trovare un’alternativa “umana” e positiva al cinismo della gestione di Trump, la stampa progressista ha fatto di Cuomo un eroe, un campione nella difesa della salute dei newyorkesi, colui che ringhiava contro il cattivo presidente repubblicano per ottenere mascherine e respiratori. “Perché ci stiamo innamorando di Andrew Cuomo” era il titolo di un articolo di Vogue. Il “tough Italian guy”, l’italiano duro, il “son of a bitch” rotto a ogni abuso e compromesso diventava il santino del mondo liberal americano. Alcuni parlavano di lui come del candidato naturale dei democratici alle presidenziali del novembre 2020.
È passato nemmeno un anno e un sentimento di rabbia esasperata avvolge il vecchio governatore. In un anno, molto è cambiato. Alla Casa Bianca non c’è più Donald Trump e quindi la narrazione del democratico compassionevole non serve più. Emergono intanto le storie delle molestie sessuali e quella della gestione spericolata dei morti delle case di riposo. C’è anche, probabilmente, un altro elemento. Il partito democratico non è più quello che Cuomo ha conosciuto in quarant’anni di militanza. Le elezioni del 2018 hanno portato all’Assemblea di Albany una classe politica nuova, fatta di giovani, donne e membri delle minoranze. È un mondo che vive con fastidio il carattere e i metodi di Cuomo, poco incline a fare concessioni al suo stile da vecchio despota paternalista. Cuomo ha quindi un bel gridare – lo ha fatto nella conferenza stampa di domenica – che lui resta al suo posto. Il mondo è cambiato, anche per lui. La sua stella si è appannata. Forse si è definitivamente spenta.