Economia

“Ristori? Con Draghi non cambia niente, ma ora tv e giornali non ci chiamano più”. Ora i malumori dei ristoratori restano inascoltati

La Federazione italiana pubblici esercizi denuncia disattenzione da politica e stampa. "Se non arriva un acconto entro marzo sarà una tragedia", avverte il vicepresidente Aldo Cursano. E di fronte a nuove lungaggini c'è chi ipotizza la volontà di “attendere che la maggioranza di noi si arrenda per ridurre la platea sulla quale intervenire”

“Adesso non ti chiamano più a parlare di queste cose”. Lo chef stellato Gianfranco Vissani in televisione come sui giornali non aveva risparmiato critiche al governo Conte sugli aiuti alle piccole imprese. Ora – apparentemente – non parla più. Ma non perché le cose siano cambiate. Anzi. Stando alle ultime indiscrezioni il decreto Sostegni arriverà in Consiglio dei ministri solo la prossima settimana. Quanto ai tempi effettivi di erogazione dei ristori si ipotizza la fine di aprile. “Draghi è stato accolto con la fanfara, ma la situazione non è certo migliore. E quando dice che non tutti verranno salvati mi dà un colpo al cuore”, commenta Vissani. “A un anno dall’inizio del primo lockdown, l’incertezza non è più accettabile”, aggiunge il vicepresidente della Federazione italiana pubblici esercizi di Confcommercio (Fipe), Aldo Cursano, ristoratore con due locali nel centro storico di Firenze dove nel 2020 ha perso il 70% del fatturato. “Una tragedia, c’è gente che ha visto gli ultimi soldi a novembre. Pensino almeno ad un acconto entro marzo”, chiede Cursano, che lamenta una maggiore disattenzione da parte della politica come della stampa in generale.

“Conte non era perfetto però aveva messo in moto un meccanismo”. Inizia così il post che due ristoratori di Livorno hanno pubblicato su Facebook. “Il 30 del mese l’Inps pagava la cassa integrazione, faceva un decreto per la chiusura e prevedeva i ristori, ci metteva la faccia e te lo spiegava in diretta tv, i ristori arrivavano. I tempi erano lunghi, i ristori giusto per la sopravvivenza, la Cig nel mio settore una sorta di mancetta. Ma era qualcosa che ci ha aiutato a sopravvivere”, scrivono Silvia Biondi e Giovanni Puccini della Bodeguita di Livorno, convinti che adesso il meccanismo si sia inceppato. E al Fattoquotidiano.it spiegano: “Non ci interessa difendere Conte, ma con questo governo ci sentiamo ancora più soli”. Quanto agli aiuti del nuovo decreto, “prima di fine aprile soldi non ne vedremo, questo è chiaro”.

Tra crisi di governo e formazione del nuovo esecutivo sul fronte ristori si è perso più di un mese, ragionano fonti interne al Ministero dell’economia. Ma non è finita. Un ulteriore allungamento dei tempi potrebbe arrivare proprio dalla principale novità inserita nell’imminente decreto Sostegno e già sul tavolo del precedente governo Conte. L’esigenza di calcolare su base annua il calo del fatturato, e non più su base mensile come era stato fatto nei precedenti decreti, comporterà tempi più lunghi, dalla compilazione delle domande alle operazioni di erogazione dell’Agenzia delle entrate. “Almeno quaranta giorni”, calcola il vicepresidente di Fipe Cursano. “Bene parametrare gli aiuti al fatturato dell’intero anno per evitare esclusioni e discriminazioni legate alla stagionalità di alcune imprese”, continua. “Ma intanto serve un acconto immediato calcolato col precedente sistema, che arrivi entro marzo, perché il settore è tutto in mora, molti sono sotto sfratto e indietro su ogni tipo di fiscalità”. E suggerisce di arrivare a saldo in un momento successivo, dopo che i tecnici del governo avranno rifatto tutti i calcoli.

“Ossigeno per una ristorazione in terapia intensiva”, lo definiscono alla Fipe. Ricordando come ulteriori ritardi vanno sommandosi ai precedenti. I rimborsi del bonus ristorazione voluto dall’ex ministra Teresa Bellanova sono partiti solo di recente, con Poste che ha avviato i pagamenti dell’anticipo del 90% negli ultimi dieci giorni. “Noi la domanda l’abbiamo fatta a fine ottobre”, raccontano Silvia e Giovanni da Livorno. E poi ci sono le utenze e gli affitti: “I ristori che siamo riusciti a prendere fino ad ora sono andati tutti nell’affitto, perché in Italia i sacrifici si chiedono al lavoro, mai alla rendita”, attaccano i due ristoratori, al punto da domandarsi se non ci sia la volontà di “attendere che la maggioranza di noi si arrenda per ridurre la platea sulla quale intervenire”.

E avvertono: “Intanto c’è una criminalità organizzata arrapata da questa situazione”. Un’analisi che la Fipe ha messo nero su bianco. “I bilanci delle imprese della ristorazione evidenziano che in Italia ci sono 15mila ristoranti (quasi la metà delle 33mila che operano come società di capitale) a rischio di infiltrazioni criminali a causa della loro fragilità finanziaria. E il 13% delle imprese ritiene di aver subito negli ultimi 6 mesi pressioni per vendere l’attività a prezzi molto più bassi del valore di mercato ed il 14% ha avuto l’offerta di prestiti fuori dai canali ufficiali”, si legge in un rapporto consegnato a febbraio alla Commissione attività produttive della Camera. “Di questo passo quante attività sopravvivranno? E a che prezzo?”, si chiede Cursano. Che alla politica manda un messaggio: “Siamo di fronte al rischio di tenuta del sistema sociale, anche corpi intermedi responsabili come il nostro stanno valutando di alzare il livello dello scontro”