L’8 marzo ho preso parte a due audizioni alla Commissione Ambiente del Senato. Nella prima ho indossato il cappello della ricerca, nella seconda quello di vicepresidente dell’Associazione Ambientalista Marevivo. Con me tre donne: Rosalba Giugni, presidentessa di Marevivo, e due ricercatrici (Federica Foglini e Simonetta Fraschetti). Abbiamo fatto presente che nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) non sono utilizzate le parole chiave delle linee guida che orientano la redazione del Piano (biodiversità ed ecosistemi) e che il mare viene ignorato. Abbiamo mostrato che la comunità scientifica italiana ha realizzato molto nelle scienze marine, nell’ambito di importanti progetti europei.

La Commissione Ambiente, costituita quasi esclusivamente da donne, ha mostrato grande sensibilità ai nostri argomenti, anche con le domande e la discussione che ne è seguita. Il fatto che questi temi, considerati chiave dalle linee guida, non siano presi in considerazione nella redazione del Pnrr evidenzia una profonda carenza di competenze nella compagine degli estensori del piano. Programmare la transizione ecologica senza ecologia ci espone a possibili bocciature da parte della Commissione Europea che, con forza, considera biodiversità ed ecosistemi come trasversali a tutte le iniziative. La salute del mare è una delle missioni dell’Unione Europea e il Pnrr non la considera.

Le tecnologie avranno un ruolo chiave nella realizzazione della transizione ecologica, ma il loro sviluppo dovrà essere guidato da competenze in campo ambientale. È necessario reclutare un esercito di figure professionali in grado di dar vita a un Piano che risponda alle richieste della Commissione. I percorsi di formazione non forniscono una cultura ambientale, come dimostra il risultato della redazione del Pnrr. Le competenze tecnologiche, economiche, giuridiche e sociali devono essere integrate con competenze in campo ambientale, assenti negli apparati ministeriali. La soppressione del ministero dell’Ambiente, trasformato nel ministero della Transizione ecologica, potrebbe paradossalmente impedire il riconoscimento della centralità dell’ambiente richiesta dalla Commissione Europea.

L’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca è in grado di identificare chi sia in possesso di curricula scientifici che garantiscano le competenze di possibili figure da coinvolgere. Nel caso della pandemia, il Comitato Tecnico Scientifico che guida l’azione di governo è composto da eminenti personalità scientifiche specializzate in campo medico. Lo stesso non avviene quando si trattano questioni ambientali. Pianificare la transizione ecologica senza esperti di ambiente equivale ad affrontare una pandemia senza competenze in campo medico ed epidemiologico. Le tecnologie sono di grandissimo aiuto nell’affrontare la pandemia, ma senza competenze in campo medico le macchine servono a poco.

Abbiamo scoraggiato la formazione di medici e di esperti di ambiente: quelli che formiamo nelle Università emigrano in altri paesi, dove trovano collocazione nel mondo del lavoro, mentre da noi non riescono a contribuire allo sviluppo del paese che ha investito nella loro formazione: si dilapida un investimento di cui si avvantaggiano altri paesi. La cultura e il capitale umano, in termini di alte competenze, saranno il primo campo di battaglia su cui intervenire. Sto dicendo queste cose da luglio scorso, quando ho iniziato questo blog. Gradualmente (certo non per i miei post) questi argomenti stanno ricevendo considerazione. Il ministero della Transizione ecologica ne è una testimonianza. Ora stanno uscendo articoli, sui giornaloni, che rimarcano la necessità di reclutare esperti ambientali nelle compagini ministeriali.

Nel frattempo, alcuni sondaggi sottolineano come la richiesta di interventi in campo ambientale sia fortissima nell’elettorato, sia di destra sia di sinistra, una richiesta che non trova riscontro nelle politiche dei partiti e dei movimenti. Questo scollamento tra la politica e l’elettorato richiederà nuove offerte politiche. Non è pensabile che l’ambiente sia di sinistra o di destra, si tratta di un valore trasversale alle convinzioni politiche, anche se la destra ha di solito assunto posizioni negazioniste rispetto alle questioni ambientali. Di fronte agli investimenti europei in campo ambientale, però, la “conversione” della destra sta avendo luogo. Forse per motivi di opportunismo, ma non nell’elettorato.

Il rischio è che, non permettendo distinzioni di campo, alla fine l’ambiente non sia caratterizzante per nessuno e che, quindi, nessuno lo prenda come propria bandiera. Sarà necessaria una conversione politica e culturale su questo argomento. Il femminicidio è visto come un crimine da tutto lo schieramento politico, lo stesso deve essere per l’ecocidio. La giornata della donna dovrà essere abolita, perché non ce ne dovrà essere bisogno, come non si sente il bisogno della giornata dell’uomo. E lo stesso dovrà avvenire per la giornata della terra. Il proverbio “passata la festa, gabbato il santo” non è mai stato così attuale. Ci sono troppe giornate dedicate a temi importanti, che meritano la nostra attenzione quotidiana e che, invece, vengono rapidamente dimenticati.

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