Negli ospedali di Bologna “stanno arrivando pazienti, anche giovani, con Covid-19 severo che hanno quale unico fattore di rischio il fatto di avere iniziato terapia con cortisone prematuramente”. Comincia così la lettera pubblicata dagli infettivologi dell’ospedale Sant’Orsola: un monito ai medici di base, con la richiesta di bloccare immediatamente le cure a base di cortisone prescritte troppo presto a pazienti con il Covid, assistiti a casa. Bologna è una delle città attualmente più colpite dall’aumento dei contagi e delle ospedalizzazioni. Ilfattoquotidiano.it è entrato nelle terapie intensive proprio del Sant’Orsola, raccogliendo le testimonianze dei medici e la loro preoccupazione per l’abbassamento dell’età delle persone intubate, che ora hanno tra i 40 e i 60 anni.

Il comunicato, firmato dal primario di Infettivologia Pierluigi Viale e dai medici Luciano Attard e Fabio Tuminetto, fa riferimento proprio all’aumento dei ricoveri anche tra i più giovani e sottolinea la possibile correlazione con un cortisone prescritto prematuramente. I medici ricordano che “un trattamento con cortisone iniziato entro 7 giorni dall’esordio dei sintomi favorisce la replicazione virale e quindi l’infezione e le sue conseguenze”. Nelle linee guida dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) è scritto che nella fase iniziale della malattia l’uso di cortisone “potrebbe avere un impatto negativo sulla risposta immunitaria”. La nota del Sant’Orsola fa riferimento alla circolare del ministero, che sconsiglia l’uso di cortisone sul territorio “con la sola eccezione dei soggetti in ossigenoterapia domiciliare“. La circolare ufficiale del ministero è stata inviata ai medici di base a inizio dicembre, più di tre mesi fa. All’interno viene appunto bandito l’uso routinario di cortisonici, riservato solo ai pazienti positivi gravi che necessitano di supplementazione di ossigeno.

I medici di medicina generale, conclude quindi il comunicato, “devono essere consapevoli della loro responsabilità nel momento in cui si avventurano in tale ed altre prescrizioni fuori dalle linee guida“. Un messaggio che la Federazione dei medici di famiglia definisce “diffamatorio, quanto arrogante e autoreferenziale”. Nella sua replica, la Fimmg evidenzia alcune considerazione, partendo da un altro passaggio della circolare del ministero sulla gestione delle cure a domicilio: “L’uso dei corticosteroidi a domicilio può essere considerato in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, se in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia“. La nota aggiunge: “La fantasia nei comportamenti prescrittivi, in una patologia ancora poco conosciuta, ha raggiunto livelli di difformità individuali, che non sono appannaggio della sola (anzi) Medicina Generale, e che proprio i tre firmatari della lettera conoscono benissimo, o dovrebbero”. E viene citato il caso della idrossiclorochina, inserita nei protocolli della Regione Piemonte.

La Fimmg contesta anche un altro passaggio: “La responsabilità di comportamenti professionali medici, prescrittivi e comportamentali, è sempre individuale non di categoria. Sottolinearla – si legge nella nota – conferma invece, oltre alla arroganza di chi l’ha sottoscritta, il preciso disegno di contribuire a diffamare un settore del Servizio Sanitario Nazionale che, più di ogni altro, ha pagato alla pandemia un tributo di vite”. La replica dei medici di famiglia si conclude con una ulteriore considerazione: “Se, infine, la lettera fosse stata una comunicazione di valutazioni professionali dei tre firmatari all’universo della Professione così tutta duramente impegnata nella lotta contro il virus, li avremmo ringraziati. Così come scritta e distribuita, invece, non possiamo fare a meno di considerarla per quello che è: esecrabile“.

“Non bastavano i danni che fa il Covid-19 e la maggiore contagiosità della variante inglese. Adesso dobbiamo difenderci pure da medici impazziti che prescrivono terapie non solo inutili, ma pure dannose”, ha scritto su Twitter il virologo Roberto Burioni, condividendo la nota degli infettivologici di Bologna. Il tema era già stato sollevato una settimana fa da Alberto Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione dell’ospedale San Raffaele di Milano: lo specialista aveva postato su Twitter un messaggio ricevuto da una persona che chiedeva consiglio per un proprio familiare in cura a casa per Covid-19. Tra i medicinali prescritti c’era proprio un corticosteroide: “L’errore più comune”, ha commentato Zangrillo, aggiungendo: “Varianti, Rt, contagi, colori, rinforzi, lockdown. Manca la cosa più importante: la cura corretta“. Anche quel tweet era stato condiviso da Burioni: “Non è tollerabile che molti medici curino i pazienti in maniera inappropriata e senza seguire le linee guida”.

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