Le trattative per il nuovo governo catalano hanno evidenziato le differenze del fronte indipendentista. Esquerra Republicana (Erc) si è imposto come primo partito del blocco nelle elezioni regionali del 14 febbraio e sta portando avanti i dialoghi con Junts x Catalunya (JxC) e Candidatura d’Unitat Popular (Cup). Le tre formazioni condividono lo stesso fine, ma con modalità e orientamenti diversi, ognuna con richieste specifiche che stanno finalmente per giungere a un compromesso. La data chiave è quella del 12 marzo, quando il Parlament si riunirà per eleggere il presidente della Camera, due vicepresidenti e quattro segretari. A quel punto, i deputati avranno tempo fino al 26 per scegliere il nuovo governatore della Catalogna, che con ogni probabilità sarà Pere Aragonès.

Le proteste contro l’arresto di Pablo Hasél Aragonés governa ad interim dallo scorso settembre con funzioni limitate. Come vicepresidente era stato chiamato a sostituire Quim Torra, reo di “disobbedienza” per aver esposto durante le ultime elezioni nazionali striscioni di appoggio ai politici in prigione per il processo indipendentista del 2017. Adesso, il candidato di Erc, ha la possibilità di ripetere la stessa coalizione dell’ultimo esecutivo, ma con due differenze: l’appoggio degli anticapitalisti di Cup dall’interno e l’inversione dei rapporti di forza con JxC, che in quel caso era il primo partito. Tuttavia, Cup, che con soli 9 seggi è fondamentale per la maggioranza assoluta, ha subordinato i suoi voti a una riforma dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, colpevole a loro avviso di aver violentemente represso le proteste contro l’arresto del rapper Pablo Hasél, condannato a 9 mesi per “ingiurie alla corona ed esaltazione del terrorismo”.

La questione indipendentista – Gli incontri con JxC si sono concentrati prevalentemente sulla strategia che la nuova coalizione adotterà sull’argomento più importante: l’indipendentismo. La formazione di Carles Puigdemont difende lo scontro diretto con lo Stato e aveva proposto una nuova dichiarazione unilaterale di indipendenza se il fronte secessionista avesse superato il 50% dei voti. Erc si è fatto strada nell’esecutivo centrale appoggiando la manovra di bilancio di Pedro Sánchez e prediligendo la via del dialogo. Ma il loro aiuto dipende dal comportamento di Madrid sui politici indipendentisti in carcere. Entrambi i soci della coalizione di governo, socialisti e Podemos, sono a favore dell’indulto, nonostante la magistratura si sia già schierata contro e abbia definito l’idea una “decisione politica”.

La composizione del nuovo esecutivo – L’ipotesi più probabile è che la coalizione sia composta da Erc, JxC e Cup, quindi senza En Comú Podem, il ramo catalano di Podemos, che Aragonès voleva fortemente nel governo. Il partito di Pablo Iglesias è da sempre il più aperto nei confronti dell’indipendentismo: difende il diritto all’autodeterminazione, dentro lo Stato, e ha proposto una riforma della Costituzione per concedere alla Catalogna nuove competenze. Ma JxC, formazione neoliberale, non è mai stato d’accordo con il loro coinvolgimento e i 32 seggi ottenuti a febbraio sono essenziali per superare la soglia dei 68. La tradizione politica prevede che il secondo partito della coalizione ottenga la presidenza del Parlament e che si distribuiscano le altre cariche in base ai risultati elettorali. Anche quello dei socialisti catalani, di fatto vincitori delle elezioni, e con gli stessi seggi di Erc, ma senza possibilità di formare un’alleanza che possa impensierire gli indipendentisti.

Il programma del governo regionale Aragonés ha stabilito quattro punti nevralgici su cui si concentrerà l’attività del suo governo: un piano di “riscatto sociale”, uno di ricostruzione e trasformazione post covid, un “patto antifascista” e le basi per “avanzare verso una Repubblica Catalana”. Sulla risposta al covid insiste specialmente Cup, che chiede l’assunzione di 13mila nuovi infermieri per riavvicinarsi alla media europea: la Catalogna ne ha 6 per ogni 5mila abitanti, di fronte ai 9 dell’Ue. Erc ha intenzione di creare due nuovi assessorati dedicati ai “femminismo” e all’”azione climatica”, dimostrando la sua matrice progressista che cercherà di rafforzare con la componente anticapitalista di Cup.

Puigdemont e i politici prigionieri – Gli ultimi avvenimenti sono destinati a entrare nel conflitto tra Madrid e Barcellona. Il Parlamento Europeo ha revocato l’immunità a Carles Puigdemont e ad altri due politici indipendentisti, Antoni Comín e Clara Ponsatí, con i voti a favore dei socialisti e contro di Podemos. La decisione riapre la possibilità dell’estradizione in Spagna, dove Puigdemont sarebbe processato e rischierebbe il carcere. Non è detto che ciò avvenga: un tribunale belga ha rifiutato l’estradizione di Lluís Puig, ma da questo momento il Tribunale supremo e alcuni membri del governo spingeranno per il ritorno dell’ex leader del referendum del 2017 in patria. Nella stessa giornata, un giudice catalano ha accettato il ricorso del Tribunale supremo per imporre il ritorno degli altri politici prigionieri in carcere. Sette di loro godevano da gennaio di un regime di semilibertà che gli ha permesso di partecipare alla campagna elettorale catalana.

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