Come ha detto ieri il commissario all’Industria Thierry Breton è un déjà vu. Prima Pfizer, poi Astrazeneca e anche Moderna, e ora Janssen (Johnson&Johnson). Ma sono “indiscrezioni non rispondenti al vero” quelle secondo cui ci saranno problemi di consegne per il vaccino anti-Covid di Janssen, divisione farmaceutica dell’americana Johnson &Johnson, per il quale è atteso domani il via libera dell’Agenzia europea del farmaco Ema. Loredana Bergamini, direttore medico di Janssen Italia, in un’intervista al Corriere della Sera, dichiara, come del resto aveva fatto la società in una nota ieri, che tutti si stanno prodigando per rispettare i contratti. Come del resto era stato assicurato nel comunicato stampa che a fine gennaio elencava i dati di fase 3 del composto monodose a vettore virale che per l’Italia significherà 52 milioni di dosi nell’arco di tutto il 2021 stando al piano vaccinale.

“Noi stiamo lavorando in modo rigoroso sulla logistica per far arrivare i lotti dove e quando devono essere consegnati – assicura Bergamini – La nostra tempistica di produzione ci permetterà di rispettare l’impegno di 200 milioni di dosi per l’Ue nel 2021. Entro la fine di marzo avremo un quadro più preciso del programma di fornitura e siamo in stretto contatto con la Commissione e gli Stati membri per definire un calendario di consegne più preciso, regolare e trasparente. Ci aspettiamo che i primi lotti siano disponibili per l’Ue nel secondo trimestre. Distribuiremo equamente questi volumi tra tutti i Paesi“. Janssen ha anche recentemente firmato un accordo con il colosso francese Sanofi proprio perché gli stabilimenti della concorrente possano produrre fino a 12 milioni di dosi al mese. In un comunicato, l’azienda farmaceutica francese annunciava che si incaricherà della formulazione e del riempimento dei flaconi nel suo sito di Marcy-l’Etoile, vicino a Lione, “a partire dal terzo trimestre” del 2021 e “a un ritmo di circa 12 milioni di dosi al mese”.

Il vaccino in arrivo, ricorda il direttore medico di Janssen Italia, “è l’unico a dose singola ad aver concluso la fase 3 di sperimentazione, la conclusiva. È costruito su una piattaforma di cui abbiamo un brevetto esclusivo chiamata AdVac, che utilizza un adenovirus del raffreddore, ingegnerizzato in modo da essere reso inattivo e incapace di infettare. Al suo interno viene inserita un’informazione genetica, quella della proteina Spike di cui il Sars Cov 2 si serve per penetrare nella cellula umana. Una volta inoculato, le cellule leggono questa informazione e stimolano la produzione di anticorpi specifici in grado di rispondere al coronavirus“.

“Il preparato di Janssen – ricorda ancora Bergamini – previene nell’85% dei casi le forme più temibili del Covid che richiedono ricovero in ospedale, e nel 100% dei casi evita la morte. Quindi ha una protezione molto forte. Dal settimo giorno comincia la protezione degli anticorpi. Al 28esimo giorno è dell’85%. Nel nostro studio sperimentale abbiamo fatto test su 15mila persone di tutte le età, a partire dai 18 anni ed oltre i 60. Il 41% dei volontari arruolati avevano una o più patologie croniche: obesità, ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari severe. Tutti hanno risposto bene. Sta per partire uno studio su under 18 e bambini”. Quanto all’incognita varianti, “il vaccino è stato testato in Sud Africa e Brasile dove le varianti già circolavano e ha funzionato”. E la conservazione? “Le dosi possono essere tenute per 2 anni a -20 gradi”, mentre “una volta scongelate possono restare a una temperatura da 2 a 8 gradi per 3 mesi”.

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