Si conclude con la condanna dell’Eni il processo sulle estrazioni petrolifere in Basilicata. La sentenza è stata emessa dal presidente della sezione penale del Tribunale di Potenza, Rosario Baglioni. Nel 2016 l’inchiesta portò al sequestro, durato circa quattro mesi, del Centro Oli di Viggiano, in provincia del capoluogo lucano: l’accusa riguardava lo smaltimento dei rifiuti prodotti dallo stesso Centro Oli. Una vicenda che ebbe profonde ripercussioni politiche, con le dimissioni di Federica Guidi, all’epoca ministra allo Sviluppo Economico del governo di Matteo Renzi. Nella vicenda fu coinvolto l’ex compagno della Guidi, Gianluca Gemelli, la cui posizione fu poi archiviata.
Il reato per il quale il tribunale ha condannato l’azienda del cane a sei zampe è il reato di traffico illecito di rifiuti. Inoltre il giudice ha condannato la compagnia petrolifera al pagamento di una sanzione amministrativa di 700mila euro e alla confisca di circa 44,2 milioni di euro, da cui sottrarre i costi già sostenuti per l’adeguamento degli impianti. In totale il tribunale ha condannato sette persone – sei tra ex manager e dipendenti Eni, e un ex dipendente della Regione Basilicata – a pene comprese tra un anno e quattro mesi e due anni di reclusione, e all’interdizione di un anno dai pubblici uffici (con pena sospesa) per attività organizzata per il traffico di rifiuti, assolvendo 27 imputati, ed escludendo la responsabilità per nove società, assolte per mancanza di prova dell’illecito amministrativo.
In particolare, sono stati condannati a due anni di reclusione Ruggero Gheller (ex responsabile del Distretto meridionale dell’Eni), Nicola Allegro e Luca Bagatti; a un anno e quattro mesi di reclusione Enrico Trovato (ex responsabile del Distretto meridionale dell’Eni), Roberta Angelini e Vincenzo Lisandrelli; a un anno e sei mesi di reclusione l’ex dipendente della Regione Basilicata, Salvatore Lambiase. Il Tribunale ha inoltre condannato i sette imputati e l’Eni, in solido, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, da liquidarsi in separata sede, per 278 parti civili. “La condanna è un segnale importante per la tutela dell’ambiente. Bisogna tutelare la libertà di impresa, ma è necessaria che questa si svolga nel rispetto delle norme e nella tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente”, dice la pm Laura Triassi, che dal 2016 ha seguito l’inchiesta sulle estrazioni petrolifere in Basilicata e ora è il procuratore capo di Nola.
L’azienda petrolifera ha diffuso una nota in cui pone l’acccento sulla “pronuncia di assoluzione parziale emessa oggi dal Tribunale” di Potenza “rispetto all’ipotesi di reato di falsità ideologica in atto pubblico”, ma al contempo “non condivide il riconoscimento di responsabilità per la grave ipotesi di reato di traffico illecito di rifiuti”. La compagnia – continua la nota – “rimane convinta che l’operato del Cova (il Centro Olio di Viggiano) e dei propri dipendenti sia stato svolto nell’assoluto rispetto della normativa vigente e, in attesa di leggere le motivazioni della odierna sentenza, si prepara a presentare al più presto appello”.