Silenzio dalla Lega – il ministro del Turismo Massimo Garavaglia si limita ad anticipare una “misura importante per la montagna” – e anche da Fratelli d’Italia, che è all’opposizione. In compenso mercoledì un appello a “fare presto con il decreto Sostegno“, la cui approvazione è slittata alla settimana prossima, è arrivato dal capogruppo Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci e dal capogruppo M5s al Senato Ettore Licheri secondo cui “ulteriori rinvii non sono più accettabili” e “il ritardo ulteriore allarma”: “Per diverse settimane – ricorda- a causa di una scriteriata crisi politica voluta non certo da noi, i ristori per imprenditori e lavoratori fermi sono rimasti al palo. Adesso però un governo c’è, ed è bene che i ministeri competenti si attivino con maggiore decisione”. Anche Marcucci ha sottolineato “il ritardo accumulato” e affermato che “è urgente, urgentissimo, approvare il decreto sui ristori, è passato del tempo ormai dallo scostamento di bilancio che approvammo in Parlamento con 32 miliardi previsti per le imprese”.
Per la precisione sono passati ben due mesi e mezzo: gli ultimi aiuti sono stati varati a dicembre. In queste ore partite Iva e ristoratori stanno tornando in piazza per protestare e commentano le bozze del decreto parlando di “elemosina”. Lo chef Gianfranco Vissani, che a ilfattoquotidiano.it ha spiegato che ora nessuno lo chiama più in tv per parlare del problema come avveniva invece durante il governo Conte, annuncia “una lettera aperta di protesta indirizzata al presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi“.
Il lavoro sul testo, equivalente a una manovra di bilancio viste le cifre in ballo, non è però ancora finito e le bozze che circolano vengono subito smentite da nuove ipotesi. Per esempio, le simulazioni effettuate fin qui includono anche i professionisti e adottano un tetto di fatturato di 5 milioni – quello applicato già lo scorso anno con i primi contributi a fondo perduto del decreto Rilancio – ma ora si stanno rifacendo i conti per valutare se la soglia può essere alzata a 10 milioni in modo da non escludere “il 50% degli hotel” come paventato da Confindustria alberghi.
Il meccanismo al momento prevede aiuti a chi ha perso almeno il 33% nel confronto fra l’intero 2020 e il 2019 e quattro classi di indennizzo, distinte in base al fatturato. La fascia più alta è tornata nelle ultime bozze al 30% della perdita media mensile di fatturato per i più piccoli (fino a 100mila euro), 25% per chi aveva ricavi fra 100mila e 400mila, 20% fino a un milione e 15% fino a 5 milioni. Paolo Bianchini, presidente di Mio Italia (movimento imprese ospitalità) ha fatto un esempio: “Prendiamo un fatturato 2019 di 500mila euro, dimezzato nel 2020 a causa delle restrizioni covid. La differenza di 250mila divisa per dodici e moltiplicata per due mensilità diventa 41.666. Il 20%, cioè la quota a fondo perduto erogata dallo Stato, equivale quindi a 8mila e 333mila euro. Ergo, a fronte di una perdita del 50%, al piccolo imprenditore va un sostegno del 3,3%”. Ma secondo Il Sole 24 Ore la cifra verrebbe poi moltiplicata per due, coprendo quindi due mensilità. La copertura, come lo scorso anno, rimarrà ovviamente molto parziale.
Ancora da definire nel dettaglio anche il pacchetto lavoro, che tra rinnovo della Cig e indennità per stagionali e precari dovrebbe valere circa 10 miliardi. Possibili anche nuove deroghe al decreto Dignità per consentire il rinnovo dei contratti a termine senza indicare la causale. Ci sarà sicuramente, poi, il rifinanziamento del reddito di cittadinanza con 1 miliardo. E i parlamentari del MoVimento 5 Stelle delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato chiedono che in parallelo siano prorogati i contratti dei navigator che altrimenti scadrebbero a fine aprile.
Poi c’è il capitolo dei congedi parentali e bonus baby sitter per chi ha i figli in Dad, che il governo non ha ancora rinnovato nonostante la chiusura di moltissime scuole causa recrudescenza del virus.
Nel pacchetto imprese potrebbe entrare poi una nuova proroga delle misure di sostegno alla liquidità, come le moratorie sui prestiti, ma anche un intervento sulle norme fallimentari, promosso dal viceministro all’Economia Laura Castelli. L’esponente M5S al Tesoro ha curato in questi mesi anche il capitolo fiscale con cui si dovrebbe congelare per altri due mesi la riscossione delle cartelle, mentre non è detto che rottamazione quater e nuovo saldo e stralcio riescano a entrare subito nel testo del decreto Sostegni. Intanto, mentre si discute della soglia da fissare per un nuovo stralcio delle vecchie cartelle che intasano il magazzino della riscossione (si ragiona sul limite di 5mila euro), si starebbe anche valutando se mettere in campo una nuova sospensione dei versamenti in scadenza il 16 marzo, in attesa anche di decidere come utilizzare il fondo creato con l’ultimo decreto Ristori per ridurre o cancellare i versamenti di Irpef, Ires, Irap, Iva o contributi già bloccati dall’autunno per le imprese in perdita o costrette a chiudere nelle zone arancioni e rosse.