“Condotte censurabili sotto il profilo politico-amministrativo ma che non integrano fattispecie penalmente rivelanti“. La sintesi delle 132 pagine di motivazioni dell’assoluzione di Nunzia De Girolamo nel processo per la presunta gestione clientelare dell’Asl di Benevento è tutta qui. In un passaggio estrapolato dalla penultima pagina della sentenza che assolve nel merito l’ex ministra e tutti gli altri imputati da ogni accusa, compresa l’associazione a delinquere e comprese le ipotesi di reato per le quali era maturata la prescrizione.
Il Tribunale di Benevento – presidente Daniela Fallarino, giudice estensore Simonetta Rotili – ha depositato ieri le motivazioni dell’assoluzione sentenziata a dicembre. Inchiesta e processo erano nati dai file audio di Felice Pisapia, l’ex direttore amministrativo dell’Asl di Benevento che registrò di nascosto alcune delle riunioni periodiche, avvenute nel 2012, tra l’allora deputata Pdl, i suoi consiglieri Giacomo Papa e Luigi Barone, e i vertici dell’Asl sannita – il direttore Michele Rossi, il direttore sanitario Gelsomino Ventucci e Pisapia – nel salotto di Villa De Girolamo.
Rivelato dal Fatto quotidiano, il contenuto di quelle registrazioni scatenò una polemica politica che indusse De Girolamo a dimettersi nel gennaio 2014 da ministro delle Politiche agricole del traballante governo Letta, che comunque cadde poche settimane dopo. Sul punto il Tribunale scrive cose non tenere: “Lo stretto legame creatosi tra dirigenti politici ed amministratori su vari problemi di gestione è indice di una commistione tra la politica e le attività di gestione in cui la prima non deve certamente entrare e, tuttavia, non presenta i connotati di un’associazione per delinquere”.
Va, però, ribadita la piena innocenza di De Girolamo rispetto alle accuse penali. I giudici precisano più volte che manca la prova della volontà di commettere illeciti e di condizionare le decisioni al consenso politico, spiegandone caso per caso le ragioni. Come nella vicenda dell’esautorazione del dirigente dell’Asl competente per alcune gare, che secondo i pm era stata compiuta perché questi non era manovrabile e anzi era inviso a questo gruppo. Il dibattimento però non ha fatto emergere questa tesi, le persone sentite in aula “non hanno fatto evincere un intervento di De Girolamo, Barone e Papa diretto ad ottenere la cacciata del dirigente”.
Il Tribunale sostiene inoltre che le registrazioni di Pisapia vanno valutate tenendo conto che nacquero dalla sua “ostilità nei confronti di Rossi”, che lo aveva appena denunciato per falsi mandati di pagamento, e che nei suoi interventi ai colloqui “vi fosse il chiaro intento di precostituire prove contro Rossi” per difendersi. In sostanza, secondo i giudici Pisapia avrebbe orientato alcune conversazioni e in particolare quella del 30 luglio 2012, relativa alle gare del 118, quando “emerge in modo palese l’intenzione di Pisapia, ben consapevole dell’interesse costante della De Girolamo per la crescita del consenso elettorale, di sollecitare gli interventi verbali di quest’ultima per poter dimostrare l’esistenza di un progetto criminoso da parte del gruppo dirigente, a cui egli è del tutto estraneo”. Infatti “Pisapia, essendo ben consapevole della registrazione in atto, a più riprese, è il soggetto che suggerisce agli interlocutori l’opportunità di preferire ditte radicate sul territorio che porterebbero voti alla De Girolamo e di trovare soluzioni che favoriscano tale scelta”.
Degna di nota è la motivazione dell’assoluzione di De Girolamo e Rossi dall’accusa di concussione per le pressioni esercitate per far cacciare i vecchi gestori del bar dell’ospedale Fatebenefratelli e favorire l’ingresso di parenti dell’ex ministra a lei graditi, minacciando controlli e sanzioni Asl se non fosse stata accontentata. Le registrazioni sembrano chiare, ma per i giudici non provano nulla: anzi. “Si è in presenza in tutta evidenza di un accordo per la realizzazione di una condotta illecita, di natura chiaramente concussiva, cui però non fa seguito, alla stregua delle risultanze della espletata istruttoria, nessuna azione concreta”, sottolineano i giudici. Quindi “la condotta degli imputati non ha mai superato la fase dell’ideazione”. Furono solo chiacchiere e rabbia. E non ci furono controlli diversi da quelli normali e di routine.