Giustizia & Impunità

Fermati per il lockdown con autocertificazione falsa, il giudice li proscioglie e scrive: “Il dpcm non può vietare di uscire di casa”

È una sentenza che farà discutere quella emessa dal giudice Dario De Luca, gip del tribunale di Reggio Emilia, che ha prosciolto due persone finite a processo per aver mostrato ai carabinieri un'autocertificazione falsa. Per il gip "ciascun imputato è stato 'costretto' a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima"

Sono stati fermati in pieno lockdown, ma ai carabinieri hanno esibito un’autocertificazione falsa. Per questo motivo due persone sono finite a processi. Ma il giudice le ha prosciolte, ritenendo illegittimo il dpcm anti-Covid. È una sentenza che farà discutere e che probabilmente verrà facilmente ribalata quella emessa dal giudice Dario De Luca, gip del tribunale di Reggio Emilia, il 27 gennaio scorso. A darne notizia è cassazione.net, sito d’informazione giuridica.

I fatti risalgono al 13 marzo di un anno fa, quando un uomo e una donna furono fermati in auto ad un posto di blocco a Correggio, nella Bassa Reggiana. Compilarono l’autocertificazione dichiarando lei “di essere andata a sottoporsi ad esami clinici” e lui “di averla accompagnata”, motivando così lo spostamento per comprovata necessità di salute. Ma i successivi controlli delle forze dell’ordine accertarono che “la donna quel giorno non aveva fatto alcun accesso all’ospedale“. Scattarono così le violazioni del primo decreto del presidente del consigli, emesso dall’allora premier Giuseppe Conte, l’8 marzo 2020, con le restrizioni di movimento dall’abitazione.

Nei loro confronti è stato chiesto un decreto penale di condanna ma per il giudice il fatto non costituisce reato, per l’illegittimità del Dpcm, definendo un “falso inutile” quello commesso dai due. “Poiché – scrive il gip De Luca nella sentenza – proprio in forza di tale decreto, ciascun imputato è stato ‘costretto’ a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima”. Secondo il ragionamento del giudice non si può, insomma, imporre un obbligo di permanenza domiciliare che “nel nostro ordinamento giuridico consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal giudice penale per alcuni reati all’esito del giudizio”.

Secondo il giudice il Dpcm deve considerarsi illegittimo “per violazione dell’articolo 13 Costituzione che dice che la libertà personale è inviolabile”. Il giudice ritiene che il Dpcm “stabilendo un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare. Tuttavia, nel nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal Giudice penale per alcuni reati all’esito del giudizio” e non in altri casi. Perché dunque il gip non ha sollevato una questione di legittimità costituzionale? Perché definisce il dpcm “un atto amministrativo” e “il Giudice ordinario non deve rimettere la questione dì legittimità costituzionale alla Corte costituzionale, ma deve procedere, direttamente, alla disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo per violazione della legge (Costitizionale)”.