Il caso della sentenza del gip di Reggio Emilia che ha prosciolto due persone che, fermate durante il lockdown, avevano esibito una falsa autocertificazione ai carabinieri. I termini per presentare opposizione in appello da parte del pm Iacopo Berardi sono scaduti il 4 febbraio, essendo trascorsi 15 giorni dall’emissione della sentenza, ossìa il 27 gennaio
Il pm non ha fatto appello e una sentenza, che sembrava destinata a fare scalpore, è diventata definitiva. Si tratta della decisione di proscioglimento emessa dal giudice di Reggio Emilia per due persone che avevano esibito una falsa autocertificazione ai carabinieri che li avevano fermati durante il lockdown. La sentenza è stata emessa dal giudice Dario De Luca del tribunale di Reggio Emilia, che la motiva sostenendo che il dpcm dell’8 marzo di un anno fa è “illegittimo”. I termini per presentare opposizione in appello da parte del pm Iacopo Berardi sono scaduti il 4 febbraio, essendo trascorsi 15 giorni dall’emissione della sentenza, ossìa il 27 gennaio.
La vicenda risale al 13 marzo di un anno fa quando un uomo e una donna furono fermati dai carabinieri in pieno lockdown a Correggio, nella Bassa Reggiana. Compilarono l’autocertificazione dichiarando lei “di essere andata a sottoporsi ad esami clinici” e lui “di averla accompagnata”, motivando così lo spostamento per comprovata necessità di salute. Ma i successivi controlli delle forze dell’ordine accertarono che “la donna quel giorno non aveva fatto alcun accesso all’ospedale”.
Il sostituto procuratore chiese un decreto di condanna penale con l’accusa di falso ideologico, non avendo ottemperato al primo Dpcm dell’allora premier Giuseppe Conte. Ma per il gip “il fatto non costituisce reato”, sancendo di fatto l’illegittimità del Dpcm e un “falso inutile” quello commesso dai due difesi entrambi dall’avvocato Enrico Della Capanna. “Poiché – ha scritto il giudice – proprio in forza di tale decreto, ciascun imputato è stato ‘costrettò a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese…”. E ancora: “Nel nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal giudice penale per alcuni reati all’esito del giudizio”. Una sentenza che ora può costituire un precedente, seppur di merito e non di Cassazione.