Un pentito di mafia ha chiesto di poter ricevere dall’Inps un assegno di invalidità civile, anche se la Legge Fornero vieta benefici previdenziali a persone condannate per reati connessi alla criminalità organizzata e al terrorismo. Ne è nato un caso che dovrà essere chiarito dalla Corte Costituzionale perchè la legge è del 2012, mentre la condanna del mafioso a 30 anni di reclusione è precedente. Si tratta di una norma che viola il principio secondo cui un cittadino può essere giudicato solo in base a una legge vigente al momento del fatto? E’ questo l’interrogativo a cui dovrà dare una risposta la Consulta, a cui la Corte d’Appello di Venezia ha inviato gli atti di un contenzioso civile.

Il pentito è stato condannato per associazione per delinquere mafiosa ed altri reati prima del 2012. Dalla fine del 2013 è agli arresti domiciliari. Nel 2015 ha ottenuto il riconoscimento dell’invalidità civile. Nel 2017 si è visto revocare l’assegno dall’Inps e aveva presentato opposizione in via amministrativa. Gli era stato dato torto, quindi si era rivolto al Tribunale di Rovigo, chiedendo l’annullamento del provvedimento dell’Istituto di previdenza. Un giudice gli ha dato ragione, ritenendo che la revoca non si possa applicare “alla prestazione in godimento all’assistito” che è prevista dall’articolo 13 della legge n.118 del 1971, ovvero dalla legge che disciplina i benefici per gli invalidi civili. In questo caso si tratta di un assegno mensile per chi abbia tra i 18 e i 64 anni e un’invalidità pari o superiore al 74 per cento, che ne diminuisca la capacità lavorativa.

L’Inps (assistita dall’avvocato Aldo Tagliente) ha ritenuto, invece, che non vi siano le condizioni per consentire l’erogazione, visto quanto prevede la legge Fornero che vieta il pagamento di indennità di disoccupazione, assegni sociali, pensioni sociali e pensione per gli invalidi civili alle persone condannate per gravi reati. Secondo l’Inps, andrebbe ricompreso, per estensione, anche l’assegno di invalidità civile. Il fascicolo è così arrivato in Corte d’Appello a Venezia, di fronte alla Sezione Lavoro, presieduta da Gianluca Alessio. I magistrati veneziani hanno emesso un’ordinanza in cui sostengono di non condividere la decisione del loro collega di Rovigo, in quando il comma 58 della legge Fornero “dispone la revoca delle seguenti prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, di cui il condannato sia eventualmente titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili”. Il riferimento è ai “trattamenti previdenziali a carico degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, ovvero di forme sostitutive, esclusive ed esonerative delle stesse, erogati al condannato”.

Però i giudici hanno sollevato un altro problema, che riguarda la costituzionalità della legge. Visto che si tratta di una “sanzione accessoria” per sentenze di condanna per reati di particolare gravità, si può applicare la norma introdotta nel 2012, se la condanna penale dell’interessato è precedente a quella data? Ci si potrebbe trovare di fronte a una norma in contrasto con l’articolo 25 della Costituzione secondo cui “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. La questione nel merito non è nuova ed è già stata trattata da diversi Tribunali civili. In qualche caso gli avvocati di parte avevano sollevato eccezione di incostituzionalità proprio sul tema della retroattività. Adesso sono i giudici della Corte d’Appello a rivolgersi alla Consulta.

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