Intorno alla fine di gennaio, su alcuni muri di Dakar sono comparsi dei grandi graffiti colorati. Nessuna protesta, nessun bisogno di esprimersi “contro” qualcosa, anzi. La firma è di tre dei più influenti artisti della scena graffitara senegalese, ma dietro queste performance artistiche c’è anche lo zampino di alcune giovani donne italiane. Ad avere l’idea di colorare i muri di tre quartieri della capitale del Senegal con immagini raffiguranti ragazzi con diverse disabilità è stato, infatti, il team dei programmi di educazione dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo che opera a Dakar nel quadro delle linee strategiche definite dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
“In Senegal il settore dell’educazione è un settore prioritario per l’Agenzia e, per questo, estremamente ricco di progetti, programmi e iniziative”, spiega Valentina Baraldi, capo programma educazione per la sede locale. “Io e Beatrice (Carosi, assistente programmi educazione, nda) abbiamo seguito il progetto sin dalla sua fase di ideazione, dall’identificazione degli artisti, dei luoghi e dei messaggi da comunicare al partenariato creato con le strutture che si sono rese disponibili ad accogliere i murales”. Valentina e Beatrice sono le due donne che compongono il Team Educazione dell’AICS dell’Ufficio di Dakar, di cui è titolare Alessandra Piermattei. Una squadra tutta al femminile che si occupa di creare sistemi educativi inclusivi, attraverso strategie di advocacy, formazione di insegnanti e costruzione di scuole accessibili, in linea con gli impegni internazionali dell’Agenda 2030 e con le politiche nazionali del Senegal.
“In particolare negli ultimi anni – spiega la Baraldi – ci siamo focalizzati su quella che è l’educazione inclusiva di bambini e bambine con disabilità, che purtroppo qui è ancora un fattore importante di esclusione scolastica”. Nel settore educazione l’AICS, infatti, non si limita a finanziare singole attività ma programmi e progetti che si inseriscono nel quadro di politiche ben delineate. In questo caso Valentina Baraldi e Beatrice Carosi hanno avuto il via libera per dar vita a un progetto di street art che coinvolgesse tre artisti locali, tre quartieri popolari e un messaggio inclusivo rispetto alla disabilità. “I tre graffiti creati da Docta, uno dei pionieri dell’arte urbana senegalese, Zeinixx che è la prima graffitara donna senegalese e Undugraff, collettivo nato nella periferia di Dakar, sono stati realizzati in tre diversi quartieri popolari della città: sui muri di uno stadio, di una scuola e di un ritrovo sportivo per giovani”.
I graffiti veicolano un’immagine di una società in cui ogni individuo ha un ruolo e può esprimere al meglio le proprie potenzialità. Questo progetto è solo uno dei tanti che concorrono a formare, rimbalzando nel grande contenitore della cooperazione internazionale, quello che volgarmente viene riassunto in “aiutarli a casa loro”. Quella locuzione che suona cosi dispregiativa e che ricorre sempre più frequentemente nei discorsi colloquiali e virtuali (sui social) che ambiscono ad argomentare il tema dell’immigrazione. Eppure, come nel caso di Valentina e Beatrice, c’è chi concretamente lavora lontano dall’Italia, contribuendo a colmare alcune delle falle sociali ed economiche di paesi da cui parte la migrazione verso l’Europa. “La scelta della cooperazione internazionale la tornerei a fare ancora: è un percorso di vita intenso e non banale che richiede un impegno costante, sia in termini di formazione, sia per ciò che riguarda la capacità di sapersi adattare e adattare le proprie scelte di vita alle opportunità che si presentano”.
Beatrice si è laureata in Studi Internazionali e Development Economics e dopo una prima esperienza in Senegal ha lavorato in diversi paesi, tra cui Mauritania, Burkina Faso e Costa d’Avorio su temi legati all’educazione, protezione dell’infanzia e sicurezza alimentare, prima di tornare in Senegal per l’Aics. “Questo lavoro mi ha permesso di allargare i miei orizzonti, di andare in profondità delle cose e vedere le problematiche da un altro punto di vista. Ho iniziato a lavorare prima con organizzazioni della società civile e quindi a stretto contatto con le realtà del territorio e i beneficiari diretti delle attività e poi per gli enti governativi”. “Perché una scelta che rifarei? – Conclude Beatrice Carosi – Perché mi permette di vivere in quella che è la mia visione del mondo, uno spazio di crescita comune nella diversità, uno spazio dove vincono la solidarietà, il partenariato “positivo” e l’aiuto reciproco”.
foto di Maura Pazzi