Dalla mancata chiusura dell’ospedale di Alzano alle gaffe di Giulio Gallera. Dalle inutili mascherine-pannolino al flop delle vaccinazioni antinfluenzali. Chi vive in Lombardia ha trascorso l’anno del Covid accompagnato da una costante: l’inesorabile quanto inaspettata successione di passi falsi che hanno inceppato in continuazione la gestione dell’emergenza. Fino al caos in cui si perde chiunque cerchi di ricevere un vaccino contro il Covid. Anziani avvisati all’ultimo e mandati a 40 chilometri di distanza per ricevere l’agognata dose, buchi nel sistema che consentono di prenotare anche a chi non ne ha diritto, appuntamenti assegnati e poco dopo annullati via sms, 900 ultraottantenni convocati davanti all’ospedale Niguarda, dove però erano previste solo 600 somministrazioni. Sono solo alcuni dei disagi subiti dai cittadini lombardi. Causa di ulteriori rallentamenti a una campagna vaccinale che già avanza a fatica, nonostante la promessa di Guido Bertolaso che un mese fa, appena insediato, garantiva 10 milioni di lombardi vaccinati entro giugno, senza contare che le persone da vaccinare, in realtà, sono meno: per 1,5 milioni di under 17, infatti, non esiste ancora un vaccino adatto.

La piattaforma per le prenotazioni, costata 22 milioni di euro e gestita dall’azienda regionale Aria, è in tilt da giorni. Bertolaso e la vice presidente Letizia Moratti l’hanno scaricata, decidendo di adottare quella di Poste. Poi è arrivata anche l’ammissione di Matteo Salvini: “Nella macchina tecnica della Regione qualcuno non è all’altezza”. Ma questo è solo l’ultimo capitolo dell’annus horribilis della sanità lombarda. Perché nella regione più colpita dal Covid, per anni considerata esempio per il Paese anche a livello sanitario, i tecnici, ma soprattutto i politici, hanno inanellato un errore dopo l’altro. Tanto che la giustificazione ripetuta a più non posso nelle prime settimane di pandemia, “siamo stati colpiti da uno tsunami”, si è presto rivelata un inutile paravento delle inefficienze lombarde.

Camici e mascherine-pannolino
Dura poco la ribalta mediatica del governatore Attilio Fontana, che allo scoppio della pandemia si infila goffamente la mascherina in diretta su Internet, e dell’allora assessore al Welfare Giulio Gallera, lanciato dai primi giorni di emergenza ad ambire una candidatura a sindaco di Milano. Giusto il tempo che diventi chiaro quanto la macchina lombarda è impreparata. Già il 23 febbraio, due giorni dopo la scoperta del paziente 1, il primo errore: la mancata chiusura del pronto soccorso di Alzano Lombardo, dove si innesca uno dei focolai più micidiali. Ai primi di marzo è il momento del rimpallo di responsabilità tra Palazzo Lombardia e governo sulla zona rossa ad Alzano e Nembro, nella Bergamasca, che non verrà istituita. Via via che i contagi salgono, emergono tutti i buchi della medicina territoriale: chi viene trovato positivo al Covid, anziché essere curato a casa qualora le condizioni lo consentano, finisce per riempire gli ospedali ormai al collasso.

Non va meglio sul fronte delle forniture: i vertici regionali a inizio aprile si fanno vanto delle 900mila mascherine made in Lombardy prodotte dall’azienda di pannolini Fippi. Ma le mascherine-pannolino si rivelano quasi subito inutilizzabili. Negli ospedali c’è anche penuria di camici: ad aprile Aria ne ordina 80mila alla Dama spa di Andrea Dini, che oltre a essere il numero uno del marchio Paul and Shark è anche il cognato di Fontana. L’ordine da oltre 500mila euro verrà trasformato in donazione solo quando Report ha già iniziato a indagare sulla vicenda. Saltano le prime teste: a giugno Luigi Cajazzo, che prima di occuparsi di sanità aveva guidato la squadra mobile di Lecco, lascia il vertice della direzione generale dell’assessorato al Welfare. Un mese dopo si dimette Filippo Bongiovanni, dg di Aria.

Le gaffe di Gallera
I flop nella gestione della pandemia, tra cui spicca l’“astronave” voluta da Bertolaso nei padiglioni della Fiera, vanno di pari passo con gli strafalcioni di Gallera. A fine maggio l’ormai ex assessore stupisce tutti dandosi alla statistica: “L’indice Rt a 0,51 vuole dire che per infettare me bisogna trovare due persone nello stesso momento infette”. Passa un mese e Gallera si lancia in un ardito ringraziamento agli ospedali privati perché “hanno aperto le loro terapie intensive e le loro stanze lussuose ai pazienti ordinari”. Non sono da meno le foto postate su Instagram a dicembre, dopo una corsa che l’ha portato fuori dai confini di Milano in uno dei giorni in cui non si potrebbe uscire dal comune: “È avvenuto semplicemente perché ero soprappensiero, immerso nella corsa”, si giustifica lui. Il vaso è colmo anche per la maggioranza di centrodestra al Pirellone. Così quando a inizio anno tira in ballo le ferie dei medici per giustificare la partenza a rilento delle vaccinazioni anti Covid, ormai ha già i giorni contati. E l’8 gennaio Fontana ufficializza il rimpasto di giunta, con la Moratti al suo posto.

Il flop dei vaccini antinfluenzali
Quando Gallera se ne va, siamo ormai nel pieno della seconda ondata, che ai problemi di gestione della prima ne ha aggiunti di nuovo. Non è bastata, per esempio, l’estate dell’anno scorso per organizzare un sistema di contact tracing che consenta di tenere sotto controllo i contagi e così il tracciamento salta non appena in autunno i contagi ricominciano a salire. C’è poi il pasticcio dei vaccini antinfluenzali, quello forse più inspiegabile: in tempi di Covid la corsa di tutti alle dosi contro l’influenza era largamente prevista, ma la Regione sbaglia i primi bandi, tra basi d’asta poco attrattive per i produttori ed errori nelle quantità di vaccini da ordinare. E quando inizia ad azzeccare i bandi, ormai di vaccini in giro ce ne sono pochi: diverse gare vanno deserte, in altre le dosi vengono strapagate. Aria pubblica in tutto tredici bandi: uno di questi viene aggiudicato, prima che l’affare salti, a un dentista di Bolzano, non proprio il fornitore tipico di vaccini. Intanto chi vuole vaccinarsi, per settimane non riesce a prendere alcun appuntamento. Alla fine le dosi necessarie arriveranno, ma tardi. Così a metà gennaio, quando di solito la campagna antinfluenzale è al termine, avanzano 900mila vaccini, per un valore di oltre 10 milioni di euro sprecati.

La “non svolta” della Moratti
Molti amministratori locali di centrodestra subiscono le lamentele dei loro concittadini. Per dare una svolta a una situazione compromessa, Berlusconi e Salvini giocano la carta Moratti. Ma la svolta non arriva. Anzi, col suo debutto da assessora la Moratti sembra quasi voler far rimpiangere Gallera: ha l’ideona di distribuire i vaccini anti Covid alle varie Regioni in base al Pil di ciascuna, poi nega di averlo detto ma viene smentita da un audio. Segue il caso dei dati sui contagi sballati inviati dalla Lombardia a Roma, che a gennaio fanno finire la regione in zona rossa per errore. Ristoranti e negozi sono costretti a chiudere, proprio nei giorni in cui Fontana sbraita contro le chiusure degli impianti sciistici e le altre chiusure imposte da Roma. Sballati, e gonfiati, anche i dati del “cruscotto regionale” gestito da Aria che aggiorna i sindaci lombardi sul numero dei contagi nei vari comuni.

Intanto le vaccinazioni anti Covid non decollano. Quando è il momento di annunciare la data di inizio per gli over 80, Moratti dice che sarà a fine marzo, con più di un mese di ritardo rispetto a molte altre Regioni. Passa qualche giorno, e l’assessora smentisce se stessa anticipando l’inizio delle somministrazioni agli ultraottantenni al 24 febbraio, ma dà la colpa di aver diffuso informazioni sbagliate ai giornalisti. Nel frattempo è tornato in Lombardia Bertolaso, questa volta per far da super consulente al piano vaccinale: promette 10 milioni di vaccinati in pochi mesi, ma appena partono le prenotazioni per gli over 80 la piattaforma di Aria va subito in tilt per l’elevato (e prevedibile) numero di chi aspira a vaccinarsi. A metà febbraio Moratti silura Marco Trivelli e al suo posto mette Giovanni Pavesi: è il secondo direttore generale al Welfare che saltare in pochi mesi. Passa qualche giorno, e a finire sotto accusa è Aria. Ma gli sms impazziti per gli appuntamenti delle vaccinazioni sono solo l’ultimo dei pasticci.

Twitter: @gigi_gno

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