L’autorizzazione è stata firmata due giorni fa dal giudice Brigida Cavasino ed è stata notificata a tutti i giornali e le televisioni che a gennaio avevano chiesto di poter filmare uno dei più importanti processi alla ‘ndrangheta calabrese. Ma ci sono dei paletti da rispettare: solo telecamere fisse e niente diffusione delle riprese integrali prima della sentenza. Intanto lunedì sera c'è attesa per la puntata di PresaDiretta interamente dedicata all'inchiesta
Dopo le polemiche delle ultime settimane, il Tribunale di Vibo Valentia ci ripensa e dà l’ok per le riprese audio-visive del maxi-processo “Rinascita-Scott” fino ad ora vietate all’interno della nuova aula bunker di Lamezia Terme. L’autorizzazione è stata firmata due giorni fa dal giudice Brigida Cavasino che presiede il collegio, composto anche da Gilda Danila Romano e Claudia Caputo. Il provvedimento è stato notificato a tutti i giornali e le televisioni che a gennaio avevano chiesto di poter filmare uno dei più importanti processi alla ‘ndrangheta calabrese, con oltre 300 imputati e più di 2mila testimoni da sentire nei prossimi mesi. Alla sbarra, infatti, ci sono i boss della cosca Mancuso ma anche i colletti bianchi accusati di essere al loro servizio: politici, imprenditori e avvocati come Giancarlo Pittelli, ex senatore di Forza Italia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. L’inchiesta, tra l’altro, sarà al centro della puntata di lunedì sera della trasmissione PresaDiretta su Rai3 di Riccardo Iacona.
In un primo momento negate, quindi, il Tribunale ha dato il via libera alle telecamere e alle televisioni così come è stato consentito, negli anni ’80, per il maxi-processo di Palermo. Proprio quelle immagini, utilizzando la frase del presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna, oggi rappresentano “uno straordinario lavoro di documentazione e informazione”. In tanti altri importanti processi, infatti, l’accesso alle tv è sempre stato autorizzato. Basta pensare che nel1 994, in aula bunker di Reggio Calabria, i giornalisti riuscirono a piazzare un microfono vicino alla cella di Totò Riina, imputato e poi assolto nel primo processo per l’omicidio del giudice Scopelliti. In quell’occasione il capo di Cosa nostra si disse vittima di un “complotto di matrice comunista” e attaccò l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, l’ex presidente dell’Antimafia Luciano Violante e il professore Pino Arlacchi. Più recentemente le telecamere sono state autorizzate al processo “Gotha”, ancora in corso in riva allo Stretto, e al processo “’Ndrangheta stragista” che in primo grado si è concluso con la condanna del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano.
Ecco perché, a distanza di quasi due mesi, il giudice del “Rinascita Scott” Cavasino ci ha ripensato, tanto che nel provvedimento di autorizzazione delle riprese televisive ha sottolineato “l’interesse sociale rilevante alla conoscenza del dibattimento”. Tuttavia, ci sono delle regole da rispettare: “L’autorizzazione – scrive il Tribunale – deve intendersi limitata esclusivamente alla effettuazione di riprese a mezzo di telecamere fisse. Al fine di garantire l’assoluta genuinità della prova, è fatto divieto di diffusione, prima della lettura del dispositivo, delle riprese audiovisive effettuate, fatta salva la divulgazione di immagini e brevi video (privi di audio) funzionali alla realizzazione di servizi di cronaca giudiziaria”.
Già dalla prossima udienza, quindi, il Tribunale chiederà agli imputati e agli avvocati impegnati nel processo se acconsentono di essere ripresi. Passaggio che, stando agli umori del collegio della difesa, non dovrebbe costituire un problema. La sensazione in aula, infatti, è che difensori e imputati siano disponibili a dare il consenso alle telecamere. “Il via libera del Tribunale di Vibo Valentia alle riprese audio e video al processo Rinascita Scott, in corso a Lamezia Terme, è una vittoria importante. Perché questo consentirà al Paese di avere memoria piena e completa di un processo storico”, è il commento soddisfatto del segretario e presidente dell’Fnsi Raffaele Loruzzo e Beppe Giulietti, così come del segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani. “Rimane però il divieto, fino alla lettura del dispositivo, di diffusione degli audio. – aggiungono – Un limite che deve essere superato per non limitare il diritto di cronaca giudiziaria. Anche perché rischia di silenziare in particolare l’informazione radiofonica”.