Come si tratta il Covid 19 a casa? Questo è diventato un argomento dibattuto, specialmente dopo il caso di Bologna, dove gli infettivologi dell’ospedale Sant’Orsola hanno pubblicato una lettera rivolta ai medici di base denunciando che “stanno arrivando pazienti, anche giovani, con Covid-19 severo che hanno quale unico fattore di rischio il fatto di avere iniziato terapia con cortisone prematuramente”. Il ministero della Salute e l’Agenzia italiana del farmaco hanno diffuso le linee guida nel dicembre scorso. Le fondamenta si basano sulla vigile attesa e trattamenti sintomatici (febbre) con paracetamolo o Fans (anti-infiammatori non steroidei). Niente vitamine e niente aerosol, niente idrossiclorochina, niente ivermectina. Non vanno utilizzati nemmeno gli antibiotici (solo dopo 72 ore, nel caso persista febbre e si supponga sovrainfezione batterica), né eparina. L’uso di tale farmaco è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto, mentre, l’uso dei corticosteroidi a domicilio può essere considerato solo in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, in presenza di un peggioramento dei parametri che richieda ossigenoterapia.

“La maggioranza degli accessi Covid-19 in Pronto Soccorso sono causati da terapie domiciliari assenti o sbagliate. Per l’abbandono del paziente e il cortisone alla prima linea di febbre, l’Italia va in rosso”, ha scritto sabato su Facebook Alberto Zangrillo, primario dell’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale San Raffaele. Un post subito rilanciato dal virologo Roberto Burioni: “Sono importanti i vaccini, ma è altrettanto importante non somministrare ai pazienti terapie non solo inutili, ma addirittura pericolose. Nelle fasi iniziali di Covid-19 il cortisone è controindicato“. Gli infettivologi dell’ospedale Sant’Orsola hanno chiesto ai medici di base di bloccare immediatamente le cure a base di cortisone prescritte troppo presto a pazienti con il Covid, assistiti a casa. Alla loro lettera la Fimmg ha replicato duramente, parlando di un “messaggio diffamatorio e arrogante” e aggiungendo che la “fantasia nei comportamenti prescrittivi è comune a tutti”.

Accanto a queste linee guida di ministero e Aifa, ci sono anche altre raccomandazioni redatte da ricercatori di Istituti di ricerca farmacologica, membri della comunità scientifica e reti di medici. Il nodo centrale è il trattamento precoce: “Si deve iniziare il trattamento farmacologico subito, nelle prime ore, alla comparsa dei sintomi (perdita del gusto e dell’olfatto e febbre) senza perdere i giorni più importanti – dice Norberto Perico, capo dipartimento di ricerca-bioingegneria dell’Istituto Mario Negri – non si deve aspettare che il virus si replichi. Si deve bloccare l’infiammazione con farmaci antinfiammatori come Nimesulide e il Celecoxib (inteso come categoria di farmaci inibitori della Ciclossigenasi I e II)”. Questo nel caso in cui i sintomi siano lievi, ma “se c’è febbre si può somministrare aspirina che ha un effetto antinfiammatorio e anti-trombotico, uno dei problemi del Covid-19 è proprio legato ai micro-trombi polmonari – chiarisce Norberto Perico – non suggerisco la tachipirina (paracetamolo), perché ha un potere antinfiammatorio molto modesto e stando alla letteratura ridurrebbe i livelli di glutatione (il quale protegge le cellule da danno indotto da processo infiammatorio) abbiamo notato che i pazienti Covid hanno già bassi livelli di glutatione, questo trattamento quindi potrebbe essere peggiorativo”. È necessario chiarire che “il nostro non è un protocollo, né tanto meno una linea guida, è il risultato delle risposte alle domande che centinaia di medici di medicina generale ci hanno rivolto, sono raccomandazioni – puntualizza il ricercatore del Mario Negri – proprio in tal senso pubblicheremo a breve uno studio retrospettivo osservazionale su un gruppo di pazienti trattato seguendo le nostre raccomandazioni e un gruppo trattato con approccio standard”.

In Francia, la situazione è simile all’Italia, “se hai sintomi (tosse, febbre, mal di testa) a casa, va preso il paracetamolo”, avverte il dottor Patrick Aubé, medico di base. Anche in Germania “per i pazienti non ospedalizzati, l’approccio farmacologico è orientato alla cura dei sintomi – ribadisce Davide Perna, internista in una struttura ospedaliera poco fuori Stoccarda, che si occupa anche di pronto soccorso e terapia intensiva insieme agli anestesisti – il paracetamolo è stato utilizzato con buoni risultati per evitare la febbre alta. Se la febbre persiste si consiglia il Metamizolo, preferendolo l’ibuprofene (FANS, anti-infiammatori non steroidei) – e continua – sotto la supervisione del medico curante, in casi specifici, si somministra eparina a basso peso molecolare per ridurre il rischio di trombo/embolie. Se, nonostante i farmaci analgesici ed antinfiammatori, i sintomi peggiorano, si consiglia di consultare il medico. L’ossigenoterapia a domicilio si effettua in casi molto rari, nel caso sia necessaria il paziente viene di solito ricoverato”.

Una differenza tra l’approccio italiano e quello tedesco è sulla somministrazione del cortisone, mentre in Italia i medici possono prescriverlo a casa “in Germania non si prescrive a casa, ed anche in ospedale viene somministrato a casi selezionati. Va veramente considerato caso per caso, e per ora non ci sono risultati univoci – ci spiega Perna – secondo lo studio Recovery l’utilizzo dei corticosteroidi ha vantaggi in pazienti sintomatici da almeno sette giorni e nel caso sia necessaria l’ossigenoterapia. L’utilizzo dei corticosteroidi nei decorsi leggeri o una sua somministrazione prematura porterebbe ad un un aumento della letalità (come sostiene il Koch Institute di Berlino)”. In Italia, l’Aifa ha previsto l’uso dei corticosteroidi (cortisone) in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, in presenza di un peggioramento dei parametri che richiede ossigenoterapia. Molti medici lo prescrivono, da subito, prima che il paziente abbia difficoltà a respirare.

Linee guida ministero

Linee guida Aifa

Lo studio Recovery

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