Cultura

Quattro passeggiate, il libro di Nanni Delbecchi restituisce la capacità di stupirsi. E il piacere di passeggiare

Libro autobiografico, e romanzo d'amore. Amore per le passeggiate, sì. Ma anche amore romantico, adolescente e illusorio, adulto e concreto: appena accennato eppure facile da trovare, da provare. E poi, una guida. Ma non in senso tradizionale. Una guida alla fuga

di Claudia Rossi

La prima cosa da fare, quando uno legge un bel libro e vuole condividerlo, è dirlo subito. Senza cincischiare, estradizione immediata per le parole che non superano il test “un bambino di 8 anni la capirebbe?“.

Quattro Passeggiate (Lucca- Milano – Roma – Venezia), il nuovo libro di Nanni Delbecchi edito da Compagnia editoriale Aliberti, è bello. Ma non basta. È tanti libri in uno solo. Racconto autobiografico nascosto tra le righe di lunghe passeggiate, che sono tutte “tappe di un unico cammino”. L’infanzia e l’adolescenza abitano a Lucca, nel ‘giro’ delle Mura che è ogni volta diverso, nel confronto secolare tra “l’intima e segreta e pascoliana lucchesia e l’estroversa, esibita e dannunziana Versilia”. Passeggiare non è camminare. Quando si passeggia si ha l’intenzione della scoperta, la volontà di riempire una “camera delle meraviglie” con luci crepuscolari, limpidezza dei mattini, coni gelato da mille lire che stanno in piedi per via di qualche prodigio, come la torre di Pisa, che poi così lontana non è. Le Mura, la strade, i vicoli: nome, cognome e posizione precisa. E se a Lucca il lettore non fosse mai stato, la sua immaginazione sì.

Il giovane Delbecchi vive nella città toscana: ragazzo che passeggia rapito dalla scoperta dei luoghi, studente che si crede innamorato forse perché cos’è l’amore non lo sa, ammiratore di una Laura Antonelli che incrocia proprio sulle Mura, ascoltatore intimorito del Professore, libraio o forse mago, chissà. “A Lucca ci sono nato, e ci sarei rimasto per sempre, una volta raggiunta l’età della ragione, semmai l’avessi raggiunta“. Così arriva Milano. È ora di fare sul serio: scarpe sguainate e via con la sfida a una città che non sembra fatta per passeggiare. Sbagliato. Per un giovane aspirante giornalista con un’intuizione, Milano diventa un fantastico “tabellone” da percorrere senza tregua. “Anche i luoghi hanno un’anima e, come tra gli esseri umani, anche tra le città ci sono tipi psicologici. Io ero appena arrivato da una città orgogliosamente introversa, chiusa in se stessa; Milano, invece, aveva un carattere opposto: iperattiva, dinamica, perfino un po’ spaccona“. Delbecchi a Milanopoli crea la vita che poi diventa la sua, fatta di passeggiate e soprattutto di scrittura (esercizio buono per chi legge questa recensione: prendere Quattro Passeggiate e seguire alla lettera i percorsi. Per tornare a provare stupore, come da bambini, e mica è un regalo da poco).

Dopo Milano, eccola, Roma. La ricerca di una casa con Alessandra. Roma e i ricordi dell’esame per diventare giornalista professionista. Roma vista con lenti più a fuoco. Delbecchi passa dalla critica cinematografica a quella televisiva (“vantava una storia gloriosa), cerca disperatamente vecchie edizioni de “Il Nuovo Giornale d’Italia” e prova a scovare l’unico cioccolataio torinese rimasto a Roma, “in una botteghina anonima, invisibile come quelle della Londra di Dickens“. La vita è un unico percorso fatto di tante passeggiate. E Venezia? Una città dove non si vivrebbe mai perché è troppa la voglia di tornarci.

Libro autobiografico e romanzo d’amore. Amore per le passeggiate, sì. Ma anche amore romantico, adolescente e illusorio oppure adulto e concreto. E poi, una guida. Ma non in senso tradizionale. Una guida alla fuga. Un manuale utile per chi sente un’esigenza che non cambia e non scompare col passare del tempo: quella di fuggire. Delbecchi insegna a farlo perfino uscendo di casa, per fare una passeggiata. E non nel senso che poi uno a casa non ci torna. Ci torna, ma nel frattempo è fuggito, lontanissimo. “La geografia è salutare. Per dimenticare il proprio ego, la sua vanità, la sua tirannia, niente di meglio che affidarsi al genio dei luoghi“.

Ps. Nanni Delbecchi è un collega al Fatto Quotidiano. Quando arrivai in redazione, cinque anni fa, conoscevo la sua penna favolosa, “conoscevo” lui. E ora è arrivata la fortuna di parlare di un libro che ha scritto. Prima ancora, la fortuna di leggerlo (vale per tutti gli altri suoi libri, sia inteso).

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