Il centro predisposto alla distribuzione delle scatole di tamponi rapidi (seconda foto sotto), in un parcheggio del comune londinese di Enfield, è semi deserto. All’orario di uscita dalle scuole di un soleggiato pomeriggio inglese, in coda davanti a questo padiglione tappezzato di tubetti di gel antibatterico ci sono solo un paio di mamme. Il personale da dietro un vetro ci dice che il flusso è calmo ma costante, mentre consegnano le due scatole contenenti il kit dei cosiddetti “Rapid Lateral Flow Test”, necessario ad auto diagnosticarsi la positività al Covid-19, a casa.

Il governo, che l’8 marzo ha deciso di riaprire le scuole, ha offerto 57 milioni di questi tamponi rapidi a studenti, genitori ed insegnanti affinché si testino due volte alla settimana e si mettano subito in autoisolamento in caso di positività. Per le prime due settimane dal rientro in classe, ai quasi 4 milioni di studenti delle superiori è stato prescritto di farne tre di questi tamponi, a scuola, poi anche loro, per evitare che le classi diventino focolai di Coronavirus, dovranno continuare a strisciarsi lo stecchino in gola, da casa.

“Tutti questi tamponi sono troppi e non so a quanto possano servire”, dice una madre raccontando che il liceo ha mandato tardi le richieste di consenso ai genitori e così, dopo una settimana dall’inizio delle lezioni, lo screening per il virus non è ancora cominciato. Altri genitori delle superiori non hanno fatto la minima opposizione alla firma del consenso perché “la posta in gioco è alta”, per tutti.

In una scuola elementare a nord di Londra solo una piccola minoranza di genitori coscienziosi rivela di aver ritirato il kit, molti invece scrollano le spalle, quasi senza neanche capire la domanda quando si chiede se siano o meno andati a prendere i tamponi gratuiti nei centri che la scuola ha indicato in un una email. Come rivelato dalla Bbc, a rovinare il tanto atteso momento della riapertura delle scuole dopo oltre due mesi di “homeschooling” (la dad britannica), sarebbe l’attendibilità dei tamponi rapidi visti i casi in cui la positività di alcuni studenti è stata confutata dai test di laboratorio, quando ormai tutta la classe era tornata in quarantena. Dove invece le cose sembrano andare a gonfie vele è all’istituto superiore Heathland School di Hounslow, una delle aree di Londra dove si registra il più alto numero di contagi.

“Qui da noi oltre il 90% dei genitori ha dato il consenso perché i figli facciano il tampone – spiega un’insegnante – abbiamo oltre 800 studenti e ogni abbiamo gruppi diversi per fare il test rapido”. A differenza di altri istituti dove gli studenti possono decidere se seguire la direttiva di indossare o meno la mascherina in classe, la Heathland ha reso l’ha resa obbligatoria e dunque “il 100% degli studenti la indossa”, ci segnala l’insegnante.

L’andamento dei contagi nelle scuole è ciò che decreterà il passaggio alle fasi successive del piano di riapertura dal lockdown totale stabilito dal primo ministro Boris Johnson. Molto è lasciato al senso di responsabilità di famiglie ed insegnanti e a pochi giorni dall’apertura delle scuole in Inghilterra l’8 marzo scorso, un sondaggio aveva evidenziato che oltre la metà dei presidi delle scuole secondarie ha trovato difficile ottenere il consenso parentale ai tamponi.

“La richiesta di fornire tamponi anti-Covid a scuola è stata particolarmente onerosa e introdurre l’uso delle mascherine ha costretto i presidi a percorrere un campo minato. Sappiamo che le scuole si sono impegnate tanto per ottenere il consenso dei genitori ai tamponi a scuola, cosa che è stata difficile in alcuni istituti. E mentre la maggior parte di studenti e genitori sostengono la scuola sulla spinosa questione delle mascherine, sembra che altri non facciano altrettanto”, ha detto Geoff Barton, Segretario Generale del sindacato Ascl (Association of School and College Leaders) sottolineando i primi dati: in oltre la metà dei 729 istituti secondari e college, l’introduzione dei tamponi rapidi ha avuto un successo tra il 90% e il 100%, in un quarto degli istituti la percentuale è stata tra l’80% e l’89% mentre solo il 6% delle scuole ha registrato il 60% dei consensi, spiega Barton. Sull’arduo fronte delle mascherine il 73% delle scuole ha riportato un’aderenza alle disposizioni di oltre il 90%, il 23% addirittura del 100%, mentre nel 2% delle scuole solo il 70% degli studenti si copre la bocca. La valutazione, dunque, nel complesso è più che positiva: “Queste indicazioni preliminari sono molto incoraggianti così come il feedback sulla frequenza degli studenti”.

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