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Catalogna, Vox tagliata fuori dalle iniziative parlamentari: alleanza contro l’estrema destra tra socialisti, Podemos e indipendentisti

I vari partiti, eccetto Ciudadanos e Partito popolare che non hanno aderito all'iniziativa, non avviseranno Vox quando i gruppi parlamentari si riuniranno per discutere su tematiche concrete, dal femminicidio alla lotta al razzismo. Intanto Laura Borràs, di Junts x Catalunya, è stata eletta capo della Camera. Entro il 26 marzo i deputati voteranno per eleggere il prossimo presidente della Comunità Autonoma. Il favorito resta Pere Aragonés

La Catalogna ha compiuto il primo passo verso la formazione del nuovo governo regionale. Il blocco indipendentista è riuscito a ottenere cinque delle sette cariche della Mesa del Parlament, l’organo che governa la Camera. Laura Borràs, di Junts x Catalunya (JxCat), è stata eletta a capo del legislativo e adesso ha a disposizione 10 giorni per moderare le consultazioni che porteranno all’elezione del prossimo presidente. Poco prima che si svolgesse la votazione, i tre partiti della coalizione, assieme ai socialisti e a Podemos, hanno superato le loro differenze e firmato un decalogo per escludere il più possibile Vox dall’attività parlamentare.

Nel documento non si cita direttamente la formazione di Santiago Abascal, ma si parla generalmente di “estrema destra”. I firmatari — 115 deputati su 135 — si impegnano nel combattere la dialettica dell’odio anche attraverso gli spazi di intervento del Parlament, che cercherà di sensibilizzare sui femminicidi e gli episodi di razzismo. Nel tentativo di “non normalizzare né legittimare la loro azione politica”, nessuno sottoscriverà le iniziative di Vox o li avviserà quando i gruppi parlamentari si riuniranno per discutere su tematiche concrete. Ciudadanos e Partito Popolare, che non hanno preso parte all’iniziativa, hanno criticato “l’iprocrisia” dei socialisti. Un’iniziativa simile era infatti stata presentata a Madrid per escludere Vox dalla Mesa del Congresso, ma fallì perché il Psoe avrebbe dovuto rinunciare a una vicepresidenza.

Nel caso catalano, invece, questo patto è riuscito a impedire l’entrata di Vox nella Mesa del Parlament. L’organo è formato dalla presidente Borràs, due vicepresidenti, uno di Esquerra Republicana (Erc) e l’altro del Partito Socialista, e quattro segretari, uno a testa per socialisti, JxCat, Erc e Candidatura d’Unitat Popular (Cup). Le possibilità che il partito di Abascal potesse ottenere una segreteria erano remote ma non impossibili: vengono eletti i quattro nomi più votati e nella scorsa legislatura ne bastarono solo 24 per il quarto candidato. Per essere eletto, il presidente della Camera, posto che secondo la tradizione spetta al secondo partito della coalizione, ha due possibilità: una prima votazione per maggioranza assoluta, 68 deputati, e una seconda per maggioranza semplice. Borràs è stata eletta con 64 voti, quelli di Erc e JxCat, ma senza l’appoggio di Cup, che è preoccupato per le accuse di corruzione a suo carico. In caso di colpevolezza, dovrebbe lasciare la carica come ha fatto Quim Torra, l’ex presidente della Generalitat, a settembre, quando è stato inabilitato per “disobbedienza” dopo aver esposto uno striscione a difesa dei politici indipendentisti in carcere durante le elezioni nazionali.

Proprio il suo successore, Pere Aragonès, leader di Erc, si prepara per diventare presidente della Comunità Autonoma. Dalla destituzione di Torra ha governato ad interim senza facoltà di manovra. Con le elezioni del 14 febbraio, Erc è diventato il primo partito indipendentista e ha invertito i rapporti di forza con JxCat, che ha 32 seggi, solo uno in meno degli alleati. A nulla è valsa la vittoria dei socialisti, primo partito grazie alla candidatura dell’ex ministro della Salute Salvador Illa, che sebbene non abbia a disposizione una maggioranza ha comunque intenzione di presentarsi come alternativa. La scadenza per la votazione è fissata per il 26 marzo.

L’atto di costituzione del nuovo Parlament non si è svolto in assoluta tranquillità. Fin da subito, Borràs, l’erede dell’indipendentismo più radicale di Carles Puigdemont, ha rivendicato l’autonomia della regione: “Quello che lo Stato spagnolo non ottiene alle urne lo cerca nei tribunali. Non solo non vuole dialogare ma è disposto a imporre su cosa e chi si può dialogare”. La sue parole si riferiscono agli avvertimenti del Tribunale Costituzionale, che in varie occasioni ha invitato il Parlamento catalano a non discutere su temi come l’autodeterminazione e la Monarchia perché non ne ha facoltà.

La composizione della Camera è cambiata radicalmente dal 2017, non solo per l’entrata di Vox e per la caduta di Ciudadanos, passato da primo partito a settimo. Mentre nel 2017 le liste erano colme di incarichi sospesi per il referendum indipendentista, nella nuova legislatura sono presenti solo Lluís Puig Gordi, ancora in esilio in Belgio, e Meritxell Serret, che invece ha deciso di tornare dopo tre anni ed è stata applaudita dagli indipendentisti. Su di lei pesano le accuse di appropriazione indebita e disobbedienza, ma non di sedizione, come nel caso di Carles Puigdemont, Toni Comín e Clara Ponsatí, a cui il Parlamento Europeo ha appena revocato l’immunità. La strada verso l’accordo per il Govern della Catalogna appare ancora in salita. I tre partiti indipendentisti condividono la causa ma non il metodo. Junts x Cat, partito liberale, e Cup, anticapitalista, hanno diverse matrici ideologiche, mentre Erc preferisce il dialogo allo scontro con lo Stato.