di Donatello D’Andrea
Da lunedì quasi tutta Italia è tornata in zona rossa con l’eccezione della Sardegna e qualche puntino arancione sulla mappa. Chi si aspettava un cambio di rotta con Mario Draghi è rimasto deluso. Chi credeva che con un cambio di governo si sarebbe riaperto tutto oggi grida di nuovo alla dittatura. Chi, invece, non aveva perso il contatto con la realtà guarda con preoccupato silenzio ciò che potrebbe essere considerato come l’inevitabile e si arrabbia per il mese perduto dietro a una crisi di governo che grida ancora vendetta.
Bar e ristoranti chiusi, le palestre restano chiuse, dopo aver dato l’illusione di poter riaprire, le scuole richiudono e nessuno parla più del “piano scuole” di Draghi. Gli spostamenti sono vietati. È colpa di Draghi? Assolutamente no. La politica, in casi di pericolo sanitario, si attiene ai dati, all’analisi dei dati del contagio, a parametri già decisi e i cui valori si aggiornano giorni dopo giorno. Lo faceva Giuseppe Conte, lo fa anche Draghi, che a quanto pare non è Superman bensì un uomo di coscienza. Cade così anche il mito del superuomo associato al banchiere romano. La stampa lo aveva dipinto come un uomo di Dio, che tutto faceva e tutto poteva, al contrario si sta rivelando una persona normale. Chi l’avrebbe mai detto!
Le cose, evidentemente, non sono cambiate oppure, più semplicemente, la realtà è la stessa di prima. Solo che a Palazzo Chigi c’è una persona diversa. Nessuno può ignorare i dati, i quali descrivono una situazione in lento peggioramento. Giuseppe Conte, quindi, non era un sadico che voleva rinchiuderci tutti per restare al potere per sempre. E non lo è nemmeno Mario Draghi.
A Palazzo Chigi è stata compiuta una sporca operazione di palazzo, spacciata per qualcosa di diverso. Una promessa di ritorno alla normalità, di riaperture, di vaccinazioni a partire dal giorno successivo. Una promessa di rapido cambiamento, di ritorno “alla democrazia” o qualcosa di simile. Invece non è cambiato nulla semplicemente perché il virus c’è ancora e non conosce schieramento politico. E, ora come a marzo scorso, è ancora lui a dettare l’agenda ai governi. Come sempre, la realtà è diversa dalla fantasia elettorale.