Per la prima volta nel mondo Uber garantirà ai suoi 70mila autisti britannici lo status di dipendenti. Gli autisti dell’app avranno diritto, fra l’altro, al salario minimo e alla pensione. La decisione di Uber segue il verdetto della Corte Suprema del Regno Unito che ha stabilito che gli autisti vanno considerati come dei dipendenti e non collaboratori autonomi.
Uber ha in Gran Bretagna il suo mercato europeo più consolidato sia sul terreno del trasporto dei passeggeri (quantificati in svariati milioni soltanto a Londra) sia su quello del delivery. La Corte nella sentenza di febbraio ha considerato molteplici elementi a dimostrazione dell’evidenza di un modello da lavoro dipendente: il fatto che fosse la società a dettare le tariffe e i massimali di guadagno del personale; che i contratti di collaborazione fossero imposti secondo schemi standard e non negoziati; che i driver dovessero accettare un minimo di corse, come in un turno di lavoro, salvo esser penalizzati; che l’azienda potesse ammonirli ed eventualmente licenziarli basandosi sui giudizi affidati ai passeggeri attraverso l’attribuzione online di una o più stelle per esprimere soddisfazione o insoddisfazione sul servizio.