Lo stop ad AstraZeneca? E’ stato “più politico ed emotivo che scientifico”. E’ arrivato sull’onda di un numero limitatissimo di casi, non per decisione delle autorità regolatorie ma di singoli governi. “Così facendo, probabilmente, volevano contenere il panico. Tocca vedere se andando oltre i dati della farmacovigilanza non hanno contribuito a diffonderlo”. Guido Rasi è l’ex direttore esecutivo dell’Ema e così commenta a ilfattoquotidiano.it la situazione di grande incertezza che domina ancora, a 24 ore dalla decisione delle autorità sanitarie di sospendere in via cautelativa le somministrazioni di AstraZenaca per il rischio di decessi da trombosi.
Un rischio che, dati alla mano, per Rasi resta “remotissimo“: “Ricordiamo che tutto è partito dalla Germania, dove si sono verificati sei casi di tromboembolia. Uno ogni 300mila vaccinati. Significa, per capirci, che se si vaccina con AstraZeneca una città grande come Bari non c’è neppure un caso. Posto che il nesso è ancora tutto da dimostrare”. E dunque? “Dunque in questa vicenda si è andati un po’ oltre il razionale scientifico correndo molti rischi. Il più grave? Quello di inficiare la fiducia dei cittadini nei vaccini: abbiamo la certezza, non il sospetto, che ogni giorno in Italia 300 persone muoiono per il Covid in assenza di vaccino”. E allora tocca tirare il freno e tornare ai fondamentali: perché è scattato l’allarme rosso e lo stop?
“Iniziamo col dire che la farmacovigilanza in Europa e in Italia sono serissime. I cittadini non possono rendersene conto ma lavora sempre in background, raccoglie tutti i dati disponibili e tutte le segnalazioni vengono analizzate. Quando si trasformano in “segnale” allora scatta un’attenzione particolare, si segue una traccia, perché c’è un indicatore di coerenza che porta a identificare un elemento di rischio potenziale. In questo caso è quello di trombosi. Ma il segnale scatta quando la traccia porta a numeri significativi, tali da mettere in discussione il rapporto rischi/benefici totali di un preparato. Questo accade normalmente in un contesto di prevenzione, dove avremmo una cautela molto più alta. Siccome siamo già in trattamento, anzi all’inseguimento della malattia, quel segnale va necessariamente contestualizzato. Siamo nella fase 4 della vigilanza, quella cioè dove si analizzano le performance di un farmaco nella vita reale”.
Cosa significa concretamente? “Quando un farmaco è approvato la valutazione dei rischi e dei benefici è periodica. Quando c’è un’approvazione condizionata, come è nel caso dei vaccini, la valutazione è continua. Anche in queste ore Ema sta raccogliendo dati in tutta Europa sia sulla parte relativa alla qualità dei lotti sia quella sugli aspetti clinici dei vari casi. I migliori esperti al mondo li stanno analizzando per arrivare a una conclusione attesa per giovedì”. E lei cosa si aspetta? “Non ho la sfera di cristallo, spero si arrivi a una risposta certa che metta fine alla paura irrazionale. Le ipotesi sono tre: o il vaccino è insicuro e va ritirato definitivamente, o è sicuro in parte e viene identificato un singolo lotto, oppure davvero non c’è alcun rischio-correlato, e allora possiamo davvero stare tranquilli”.
Ma di questi dati ci possiamo fidare? “La repentina decisione di sospendere, dopo tante rassicurazioni, fa serpeggiare tra cittadini e pazienti una certa diffidenza, oltre a comprensibile confusione e disorientamento. Ma devono sapere che il nostro è un sistema di raccolta e analisi dei dati rigorosissimo e continuo. Per dirla coi numeri: ogni anno Ema rilascia 2milioni e mezzo di pagine di dati della farmacovigilanza, dati che vengono anche resi pubblici nonostante le difficoltà legate alla privacy proprio perché si parla della salute dei cittadini. Dunque no, non c’è un tema di carenza di informazione alla popolazione, semmai di estrema prudenza che – purtroppo – non è mai troppa”.
Perché il panico crea morti. In queste ore – racconta Rasi – emerge un dato preoccupante: “sull’onda dello stop al vaccino i medici stanno prescrivendo anticoagulanti a chi lo ha fatto, in via preventiva e fuori da ogni indicazione e protocollo. A quanto mi risulta ci sono già casi di emorragie gravi”. Rasi riferisce di aver visionato chat di medici dove si rincorrono segnalazioni di sanguinamento intestinale. “Il rischio di incorrere in un emorragia per somministrazione errata di questi farmaci è molto superiore a quello di contrarre una trombosi per il vaccino. Si terrorizzano i pazienti bloccando i vaccini sulla base di pochissimi casi sospetti. Poi i medici ipotizzando azioni penali e scudi per la vaccinazione. Ma questo sì che sarebbe omicidio colposo”. Quanto il fenomeno sia diffuso non è dato sapere ma una conferma della richiesta arriva da Paola Pellegrini, del sindacato dei medici di base. “A me effettivamente da qualche giorno i pazienti lo chiedono. Io rispondo di no, mi auguro che così facciano i colleghi”.