A un mese dalla decisione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio di accogliere due ricorsi contro la nomina di Michele Prestipino alla guida della procura di Roma, il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di impugnare davanti al Consiglio di Stato la sentenza chiedendo anche la sospensione in via d’urgenza dei suoi effetti. Il verdetto del giudice amministrativo di primo grado riguardava il ricorso del pg di Firenze Marcello Viola, che nel 2019 era il grande favorito per il vertice della procura della capitale, visto che era il candidato che aveva riportato più voti in Commissione Direttivi rispetto ai concorrenti, i procuratori di Palermo e Firenze, Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo.
Proposta annullata, quando esplose lo “scandalo delle nomine”, grazie all’indagine della procura di Perugia, con l’intercettazione dell’hotel Champagne del 9 maggio del 2019 che fece emergere le manovre e le trattative sulle nomine dei vertici delle procure, Roma in testa, tra consiglieri del Csm, l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara e politici come Luca Lotti e Cosimo Ferri, già magistrato prima di diventare deputato di Italia Viva.
La nomina di Prestipino arrivò al termine di un percorso travagliato dopo la bufera sulle nomine scoppiata con il caso Palamara. Viola e Creazzo avevano presentato il ricorso contro la nomina il 23 giugno dell’anno scorso. I nomi di Creazzo e Viola comparivano nelle intercettazioni captate nel cellulare di Palamara. Di Creazzo Luca Lotti, ex ministro, diceva che gli andava messa paura e che doveva liberare Firenze. La missione era di virare su Viola. Secondo il Tar il Csm non aveva motivato perché fu solo Viola a non essere riproposto e sostituito nella terna da Prestipino. Ma il Csm replica che non è così e che con una delibera approvata a maggioranza definisce “erronea, illogica e contraddittoria” la decisione dei magistrati amministrativi.