Un anno e mezzo di prigione per aver pubblicato e diffuso notizie false sui social terrorizzando la popolazione: il giudice della Corte Penale del Cairo ha condannato oggi pomeriggio l’attivista Sanaa Seif, 27 anni (sopra in una foto del 2014), arrestata lo scorso giugno davanti alla sede della Procura Generale. Respinta la causa civile presentata dalla stessa imputata per le aggressioni subite all’interno del carcere durante nei nove mesi della reclusione già scontati. La sentenza emessa dal giudice è arrivata pochi minuti dopo le 15 e ha suscitato subito un vespaio di reazioni. A partire da quella della sorella Mona, anche lei attivista e membro di una famiglia storicamente in lotta contro tutti i regimi che si sono succeduti negli ultimi trent’anni in Egitto: “Dio protegga tutti i responsabili di questa ingiustizia – ha postato Mona Seif sulla sua pagina Facebook -. Questo è un Paese orribile che rapisce e rinchiude i miei fratelli dentro le sue carceri”.
Oltre a Sanaa, infatti, in carcere, stavolta in quello maschile di Tora, c’è Alaa Abdel Fattah, il fratello maggiore, arrestato l’ultima volta nel novembre del 2019 e da allora in attesa di giudizio. Per Sanaa è stato diverso: poco meno di nove mesi dopo il suo fermo, avvenuto il 23 giugno 2020, la Corte per lei è arrivata ad un verdetto: diciotto mesi di reclusione, divisi nei due capi di imputazione principali, nove già trascorsi nella terribile prigione femminile di Qanater – dove la 27enne è stata riportata oggi pomeriggio dopo la lettura della sentenza – e altrettanti da vivere nel dramma.
La sorella e la madre, Laila Seif (il padre, politico di sinistra di lunga data, è morto alcuni anni fa), assieme ad una zia della 27enne, stamattina sono state ammesse all’interno della struttura giudiziaria. Ore di attesa a macerarsi nella tensione, il racconto di una mattinata piena di ansia con la speranza di ricevere un verdetto di assoluzione e la possibilità di stringersi a lei. La discussione sul caso della Seif è iniziato verso le 13 e due ore più tardi è uscito il verdetto di colpevolezza. Di lei nessuna traccia in aula. Le familiari hanno cercato di incontrare Sanaa, di parlare con lei anche per pochi istanti, di toccarla, di stringerla, ma sono riuscite soltanto a vederla scomparire dentro un mezzo della polizia che l’avrebbe riportata in carcere.
Ufficialmente Sanaa Seif è stata condannata per aver diffuso false notizie in merito ad alcuni suoi presunti commenti sulla situazione pandemica in Egitto. Come al solito si è trattato di indagini senza alcun peso specifico quelle effettuate dalla Sicurezza dello Stato, con indizi risibili e un obiettivo comune: sfinire la resistenza di una famiglia di attivisti che ha un conto aperto con gli apparati del regime del Cairo.
Nonostante la sua giovane età, Sanaa ha già di un ricco curriculum giudiziario: 3 arresti e, a condanna completata, oltre 4 anni trascorsi dietro le sbarre. La vera ragione dietro all’arresto e adesso alla condanna della giovane attivista va legata a quanto accaduto il 22 giugno 2020, il giorno prima del blitz della State Security. Per mesi, in piena pandemia, lei e le altre donne della famiglia Seif hanno avuto enormi difficoltà per conoscere le condizioni di Alaa Abdel Fattah, figlio e fratello maggiore. Le autorità carcerarie di Tora impedivano loro di vederlo e addirittura di consentire l’accesso di beni di prima necessità, ma anche libri e giornali. Per alcuni giorni le tre donne hanno atteso risposte dalla direzione del carcere restando davanti all’ingresso in una sorta di picchetto ad oltranza. All’alba di quel 22 giugno un nutrito gruppo di donne, probabilmente organizzato, le ha aggredite senza una ragione plausibile davanti alle guardie del carcere che non hanno mosso un dito per aiutare Leila, Mona e Sanaa Seif. Oltre alle botte alle tre donne è stato portato via di tutto, soldi ed effetti personali. Un’aggressione brutale e drammatica rimasta impunita.
Per chiedere giustizia l’intera famiglia Seif il giorno dopo si è recata davanti alla sede della Procura generale del Cairo con l’obiettivo di denunciare l’accaduto e chiedere giustizia. Le cose sono andate di male in peggio. All’improvviso da un furgone privo di targa sono scesi alcuni uomini con il volto travisato che hanno preso Sanaa Seif con la forza e l’hanno gettata nel vano posteriore. Di lei si sono perse le tracce per alcuni giorni prima della sua ricomparsa in una cella del carcere di Qanater per l’udienza in cui è stata fissata la data del primo rinnovo. La vicenda giudiziaria di Sanaa ha suscitato tantissime reazioni da parte delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani in Egitto e all’estero. Nei suoi confronti mesi fa era partita una campagna internazionale di sensibilizzazione che ne chiedeva il rilascio. Tra i personaggi che vi hanno aderito ci sono Viggo Mortensen, Danny Glover, Ken Loach, Judi Dench, Arundhati Roy, Juliette Binoche, Mike Leigh, Maggie Gyllenhaal, Noam Chomsky, Paul Greengrass, Stellan Skarsgaard e tanti altri.