A un mese dalla dichiarazione della zona rossa Viggiù (Varese) dove si era diffusa la variante “scozzese” del coronavirus tira un sospiro di sollievo. La vaccinazione di massa ha fatto crollare i casi e rappresenta nel suo piccolo lo spaccato di quello che potrebbe succedere tra qualche mese in Italia, se le vaccinazioni andranno come da programma. A Viggiù circa 5.200 abitanti a inizio anno era scoppiato un focolaio di Covid con numeri ben oltre la soglia di allarme ed è così partito all’esperimento da metà febbraio, la prima vaccinazione di massa di una popolazione circoscritta. Al 15 marzo la curva dei contagi, a soli dieci giorni dalla fine della campagna vaccinale, era in discesa.

L’adesione alla campagna ha sfiorato l’80% dei convocati e l’83% degli over 65. “Né io né Ats ci aspettavamo un crollo così veloce dei contagiati”, dice all’Adnkronos la sindaca Emanuela Quintiglio, spiegando che al momento ci sono in tutto 10 positivi in paese, “tutti con sintomi lievi”. Ora manca ancora qualche passaggio: “Dobbiamo fare il richiamo di Moderna settimana prossima e il richiamo di Astrazeneca tra 12 settimane”. Perché il 22% dei convocati non si sia presentato “non so dirlo, alcuni non stavano bene”, spiega la sindaca.

A Viggiù, non è stato vaccinato circa il 32% degli abitanti: non sono stati vaccinati gli under 18, “che sono circa un migliaio”, e poi non è stato convocato chi aveva il Covid, chi era in quarantena e chi aveva già fatto la malattia. Uno dei problemi, spiega la prima cittadina, è stato fare accettare la situazione ai Comuni vicini. “La separazione netta è stata difficile da comprendere perché abbiamo delle vie dove da una parte c’è una città e dall’altra c’è un altro paese. Ma è un dato di fatto che il contagio era soprattutto a Viggiù”. La comunità è molto soddisfatta. “I cittadini – racconta – hanno reagito positivamente, la maggior parte ci ha tenuto a ringraziare personalmente me e altri amministratori, dopo la sorpresa delle settimane precedenti per l’avvio della campagna di massa”.

Il crollo così repentino dei contagi, simile a quello osservato in Israele, non era stato preventivato. “Sinceramente no, non avevo idea, pensavo servisse più tempo. Bisogna dire che c’è stato un isolamento protratto, prima con la zona rossa locale e poi regionale. Ma il vaccino è stato determinante, è stato la chiave per la svolta”. Uno degli effetti collaterali è che, nonostante l’immunità ormai vicina, resta valida la zona rossa. “La gente comincia a chiedere quando potremo diventare zona bianca perché siamo vaccinati e stiamo bene. Insomma, c’è voglia di tornare alla normalità quanto prima. Ma ora è assolutamente prematuro: bisogna attendere in concreto tutti gli effetti tra un mese e poi siamo parte di un mondo: anche se riapro le scuole – afferma – i ragazzi delle superiori che vanno in altre città non potrebbero comunque muoversi e il rischio è creare discriminazioni in un territorio molto piccolo. Godiamo del vantaggio sanitario, che non è poco”.

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