Il 22 marzo i lavoratori di Amazon di tutta Italia realizzeranno il primo grande sciopero nazionale della durata di 24 ore, che coinvolgerà circa 40mila dipendenti. Lo stop riguarderà tutta la filiera della logistica, con ciò mettendo a rischio la consegna dei pacchi, la cui puntualità, com’è noto, è uno dei principali punti di forza del colosso e-commerce. I sindacati del settore fanno sapere che la protesta nasce dalla indisponibilità dell’azienda a confrontarsi su alcune questioni poste in materia di contrattazione collettiva.
Beh, che Amazon sia ostile al rafforzamento all’interno dei suoi stabilimenti del potere collettivo dei lavoratori è un fatto ben noto e tutto sommato scontato (è il capitale, mica una onlus), soprattutto negli Stati Uniti, la sua madrepatria, dove i lavoratori organizzatisi sindacalmente stanno provando ad affermarsi come forza collettiva all’interno della nota multinazionale.
Significativo in tal senso quello che sta accadendo in Alabama. I lavoratori si stanno impegnando a far nascere la prima rappresentanza sindacale dello stabilimento, e per questo l’ostilità del colosso di Jeff Bezos è tale che a sostegno dei lavoratori sono intervenuti Amnesty International, 70 grandi azionisti e finanche il presidente Usa Joe Biden, che ha ribadito il diritto dei lavoratori a formare sindacati.
Quello che sta accadendo nell’universo Amazon rappresenta bene la tendenza a livello mondiale di una riproposizione del conflitto di classe – che racconto nel mio ultimo libro – seppure per certi versi in chiave “moderna” rispetto alle lotte del passato, non fosse altro che per la dimensione globalizzata dell’organizzazione del lavoro di poche, ma importanti, multinazionali.
Per comprendere bene la portata del fenomeno in atto, occorre anzitutto chiedersi perché il sindacato preoccupa così tanto uno degli uomini più ricchi e più potenti al mondo. La risposta tanto vera quanto ovvia è che la crescita della rappresentanza collettiva dei lavoratori determina una loro maggiore capacità di contrattare salari più alti e migliori condizioni di lavoro. Ma c’è di più: riguardo ad Amazon bisogna tenere conto di altri due fattori, uno politico-ideologico, l’altro strategico-affaristico.
Riguardo al primo, Amazon è un’azienda statunitense, e negli Usa il sindacato è stato storicamente osteggiato dal potere politico, sino al punto da aver sottomesso il diritto dei lavoratori ad organizzarsi sindacalmente all’interesse superiore del corretto funzionamento del commercio, di fatto depotenziandone già alla nascita il potere di negoziazione. Non è un caso che negli Usa il sindacato non ha mai avuto grande sviluppo ed oggi è alle prese con un declino pazzesco, basti solo pensare che nel 2018 il tasso di iscrizione al sindacato dei lavoratori nel settore privato si attestava intorno al 6,4%.
Per quanto riguarda invece il secondo fattore, quello strategico-affaristico, Amazon è ben consapevole che la sua struttura organizzativa è molto simile a quella delle fabbriche tradizionali, poiché deve gestire una quantità enorme di lavoratori, presenti tutti insieme nello stesso luogo fisico di aggregazione, qual è appunto lo stabilimento. Mentre per attività “smaterializzate” come quelle dei call center i lavoratori possono essere dislocati in più luoghi e in più società, ottenendo così il vantaggio di frammentarne il potere di contrattazione. Così, se si blocca lo stabilimento Amazon si bloccano le forniture in favore dei clienti di Amazon; se si blocca un piccolo call center, il servizio può agevolmente essere dirottato in un altro piccolo call center a cui è stata affidata la stessa attività, senza che il cliente finale subisca un disservizio.
Per questa e per altre ragioni legate al ruolo della tecnologia nell’organizzazione del lavoro, Amazon presenta dunque i tratti caratteristici delle imprese tradizionali, dove in passato si sono create le condizioni per la nascita dei diritti sindacali e individuali dei lavoratori, che ancora oggi rappresentano l’unico spartiacque tra uno schiavo e un lavoratore.
Non bisogna infine dimenticare che l’Italia non è l’America, da noi il sindacato è ancora molto forte, quindi l’invito ai lavoratori Amazon è quello di protestare, e di farlo sino a quando non avranno ottenuto un serio tavolo di confronto senza compromessi facili. Amazon è un universo commerciale globale, dunque consideratevi come parte di una comunità mondiale di lavoratori.