E l’alleanza M5s-Pd che fine ha fatto? L’alleanza per lo sviluppo sostenibile come lo chiamò l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte in uscita da Palazzo Chigi, fisicamente e metaforicamente perché si sistemò con un tavolino basculante in piazza Colonna e perché Mario Draghi stava concludendo le sue consultazioni. Al momento la situazione è come minimo congelata, in attesa. Da una parte Conte deve ancora dire come vorrà trasformare i Cinquestelle, dall’altra il terremoto che ha portato Nicola Zingaretti a dimettersi ed Enrico Letta a succedergli ha cambiato qualche carta in tavola. Conte e Letta hanno promesso di parlarsi, ma l’incognita – alla vigilia – resta quanto larga immaginano la coalizione avversaria del centrodestra. Al momento, e non serve un grande sforzo di fantasia per immaginarlo, l’unico a mettere veti è stato Matteo Renzi che ieri ha detto al Pd: state con noi o con Conte? Non ha ricevuto risposta.
Anzi, sì, qualcuna ma indiretta. Per esempio quella del ministro del Lavoro Andrea Orlando, che ha appena rafforzato le misure di sostegno elaborate dal Conte 2, a partire da reddito di cittadinanza e di emergenza. “Penso che la costruzione di un campo largo sarà perseguita in continuità – dice a Repubblica – perché, al di là delle strumentalizzazioni, non c’è nessuno nel Pd che davvero metta in dubbio l’alleanza con i 5 Stelle“. E indica “la questione sociale come cruciale” per il Pd. E sulla questione sociale si è saldata – dopo anni di scontri – buona parte del patto con i grillini.
Certo, l’ultima puntata in consiglio dei ministri non è stata il massimo: Pd (con Leu) da una parte a battersi contro il condono delle cartelle esattoriali per 15 anni e fino al 2015 e senza limiti di reddito e il M5s a fare un po’ da sponda a Lega e ForzaItalia. Una situazione che per Orlando non è una sorpresa: “So che si tratta di una loro posizione storica, ma – aggiunge – quest’alleanza deve favorire un’evoluzione, in parte già avvenuta, e in quest’evoluzione mi auguro si possa convergere su un punto: un conto è il fisco amico, un altro è indebolire la fedeltà fiscale“. Come sta il Pd in un governo con la Lega? Il governo, sottolinea Orlando, “si fonda su un’alleanza tra diversi, anche alternativi. Questo passaggio si giustifica perché il capo dello Stato ha richiamato la situazione drammatica della pandemia, ma è chiaro che non siamo né vogliamo essere omologati alla Lega”.
Un altro ministro, Stefano Patuanelli, a nome dei Cinquestelle, assicura in un’intervista al Corriere della Sera che “non esiste” alcun asse con la Lega. “Non esiste un asse gialloverde e voglio dirlo molto chiaramente, io sono stato uno dei fautori del governo con il Pd nel 2019 e resto convinto della necessità dell’asse tra M5s, Pd e Leu“. Ma il governo Draghi può indebolire questa prospettiva? “Non credo assolutamente che sia così – risponde – Questo governo ha natura straordinaria, per l’ordinarietà è l’asse con Pd e Leu”. Patuanelli rivendica tra l’altro la continuità dell’attività di governo rispetto al percorso dell’esecutivo di Conte. “Comprendo l’esigenza di una discontinuità dal punto di vista comunicativo, ma vedo una continuità di fatto”. Per esempio sui “ristori” diventati “sostegni“: “I codici Ateco tanto citati – dice il ministro – nel decreto Rilancio non c’erano, li abbiamo messi dopo. Avevamo previsto 6,6 miliardi a fondo perduto e la struttura era identica a quella del decreto Sostegni. Questo provvedimento dimostra che così incapaci e incompetenti non eravamo neanche prima”.