La mafia come un male da “estirpare” e la memoria come una “radice di una comunità”, necessaria affinché “la libertà conquistata continui a essere trasmessa”. Nella giornata nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che si celebra il 21 marzo, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha voluto lanciare un messaggio chiaro. Quest’anno non ci saranno le piazze gremite delle passate edizioni, causa Covid, ma l’associazione Libera ha comunque fatto sentire l’importanza della ricorrenza, organizzando una serie di iniziative tra ieri e oggi.
“La memoria è radice di una comunità – ha esordito il Capo dello Stato nel messaggio – Fare memoria è condizione affinché la libertà conquistata continui a essere trasmessa e vissuta come un bene indivisibile. Ecco perché ricordare le donne e gli uomini che le mafie hanno barbaramente strappato alla vita e all’affetto dei loro cari, leggerne i nomi, tutti i nomi, non costituisce soltanto un dovere civico”. Il riferimento è a quanto fatto ieri da Libera, che a Roma e in altre città italiane, ha organizzato la lettura dei nomi delle vittime innocenti. La lettura di quei nomi, ha proseguito Mattarella, “è di per sé un contributo significativo alla società libera dal giogo oppressivo delle mafie, è affermazione di principi di umanità incompatibili con i ricatti criminali, è fiducia nella legalità che sola può garantire il rispetto dei diritti, l’uguaglianza tra le persone, lo sviluppo solidale”. “Non dimenticheremo mai le vittime innocenti, i servitori dello Stato, le persone libere che non hanno rinunciato ai loro valori pur sapendo di mettere a rischio la propria vita”, ha continuato ancora Mattarella, sottolineando l’impossibilità, appunto, di celebrare la giornata nelle piazze, come si faceva pre-pandemia. “Anche quest’anno la “Giornata nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” sarà condizionata dalle misure di limitazione rese necessarie dalla diffusione della pandemia – ha spiegato – È tuttavia assai prezioso che “Libera” abbia ugualmente deciso di promuovere iniziative che tengano viva la ricorrenza e portino all’attenzione di tutti l’attualità del messaggio“. Un messaggio che lo stesso Mattarella poi ha ricordato: “Estirpare le mafie è possibile e necessario. L’azione di contrasto comincia dal rifiuto di quel metodo che nega dignità alla persona, dal rifiuto della compromissione, della reticenza, dell’opportunismo“.
Poi Mattarella ha voluto mettere nero su bianco il motto scelto quest’anno per celebrare la 26esima edizione: “Ricordare e “riveder le stelle”, come recita il bel motto scelto per questa edizione della Giornata, sono dunque parte della medesima sfida di libertà – ha concluso – Mi congratulo con gli organizzatori perché continuano a porre la coscienza e la cultura come basi e motori del riscatto. Sono proprio la coscienza e la cultura che le mafie – vecchie e nuove – considerano l’ostacolo dei loro disegni di arricchimento illecito, di dominio su persone e territori, di condizionamento economico e politico. La consapevolezza del bene comune e i comportamenti responsabili che insieme sapremo mettere in atto, possono darci la forza necessaria per superare le difficoltà e gli ostacoli che i tempi ci pongono di fronte”. Oltre alla lettura dei nomi delle vittime, fatta ieri, oggi Libera, con il suo fondatore Don Luigi Ciotti, celebrerà la giornata insieme ai familiari, deponendo un fascio di fiori alla Casa del Jazz a Roma, bene confiscato alla banda della Magliana.
Al messaggio del Capo dello Stato si è aggiunto anche quello della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati che ha ricordato come “solo estirpando dai territori” le organizzazioni criminali, potremo dire “di aver onorato davvero la memoria di tutte le vittime di mafia”. “Coltivare il ricordo di coloro che hanno perso la vita lottando per la legalità è un imperativo categorico – ha spiegato la senatrice che sottolinea il rischio attuale, a pandemia in corso – Lo Stato faccia sentire che c’è. Specialmente oggi, con l’emergenza economica aggravata dalla pandemia, è alto il rischio che i clan facciano da banche alle imprese e da ufficio di collocamento per chi perde il lavoro”.
E di estirpazione ha parlato anche Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia. Morra ha sottolineato che la lotta alla mafia è una “battaglia di civiltà affinché venga estirpata ovunque la mala pianta della sopraffazione mafiosa, della violenza di disperati che credono di poter imporre la loro meschinità a danno del rispetto che reciprocamente gli esseri umani si debbono riconoscere”. Nel nostro Paese, ha ricordato Morra, c’è una “tremenda malattia”, quella del “cinismo ipocrita disposto ad accettare sempre e comunque i nostri difetti, senza mai provare veramente a lavorare su noi stessi per crescere affinché si possano ‘riveder le stelle'”, per questo, ha ricordato c’è “ancora tanto lavoro da fare”. L’invito del presidente della Commissione, è quello di fare introspezione, di stringerci “nella nostra interiorità”, domandandoci se non sia possibile “fare di meglio e di più”. “Le mafie rigettano giustizia e libertà, perché le mafie disconoscono la dignità di cui siamo portatori noi esseri umani – ha concluso – Ma al solo pensiero delle migliaia e migliaia di vittime che i boss hanno lasciato per terra, il quadro si fa chiaro. E perché tale cambiamento avvenga, si deve investire in istruzione e cultura: la prima vittima del pensiero mafioso è lo stesso mafioso, perché calpesta ed offende la sua potenziale dignità, perché si riduce a ‘bruto’ quando avrebbe potuto essere una stella”.