La Taverna di Nives e Potito è una delle attività del centro storico di Napoli, a due passi dalla Basilica di Santa Chiara. Come per tanti altri ristoratori l’anno di pandemia e di chiusure a intermittenza ha portato i titolari sull’orlo della chiusura. “I conti erano drammatici tra affitti, fornitori e stipendi arretrati – ci spiega la co-proprietaria della Taverna Santa Chiara, Nives Monda – siamo stati sul punto di chiudere e come ultima spiaggia abbiamo fatto partire una raccolta fondi, chiedendo aiuto ai clienti”. Il crowdfunding sulla piattaforma “Buona Causa” in sole 48 ore ha fatto registrare centinaia di donazioni che non solo hanno fatto raggiungere l’obiettivo fissato dai titolari, ma l’ha addirittura superato. “Ci servivano circa 20mila euro – ci spiega Nives – cifra con la quale abbiamo potuto pagare tutti gli arretrati. Poi però visto il successo dell’iniziativa abbiamo pensato di prolungare la raccolta fondi (fino al 21 marzo, ndr) e utilizzare quei soldi per sostenere, nel nostro piccolo, altre attività del quartiere, così abbiamo aiutato il negozio qui di fianco a pagare le bollette arretrate, abbiamo commissionato dei lavori ad alcune botteghe della zona, insomma, non sarà molto al momento, ma abbiamo capito che potevamo estendere la raccolta fondi anche ad altri che ne hanno bisogno e ci stiamo organizzando con altri commercianti per capire come creare una struttura stabile”.

L’idea di Nives e Potito è quella di realizzare una sorta di crowdfunnding permanente che aiuti chi ne ha bisogno con le piccole spese. “Una sorta di mutuo soccorso perché chi non ha 1000 euro per pagare un affitto o delle bollette arretrate rischia di dover chiedere soldi a persone poco raccomandabili, perché non è che le banche ti facciano credito per cifre così piccole – spiega la titolare della taverna – per questo il crowdfunding per noi adesso ha questo obiettivo sociale, perché sono convinta che il centro antico viva solo se le piccole realtà non sono costrette a chiudere, perché sono loro che tengono anche strette le maglie di questa comunità. Noi non abbiamo risolto i nostri problemi con questa raccolta fondi, se continua così chiaramente ci troviamo in crisi come prima – conclude Nives – però abbiamo dato un segnale, che dove non arrivano i ristori, con i quali avrei potuto sopravvivere solo pochi mesi, è possibile creare una rete di relazioni e insieme è possibile darsi una mano e traghettarci verso la fine di questo periodo pandemico in cui restare aperti è quasi un atto di coraggio”.

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