“Mia moglie ed io siamo ultraottantenni in condizioni di salute precarie e non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione della Regione che ci informi quando e dove ci vaccineremo, anche se ormai è passato più di un mese dal giorno in cui abbiamo dichiarato la nostra adesione alla campagna vaccinale“. Inizia così la lettera del pluridecorato economista Michele Salvati al Corriere della Sera che pone quattro domande ai vertici dell’ente di Attilio Fontana e, in particolare, all’assessore al Welfare, Letizia Moratti, in queste ore impegnata ad attaccare la sua partecipata Aria spa.

“Come mai la Regione Lombardia, che si vanta(va) di avere il miglior sistema sanitario italiano, è in ritardo nella proporzione di ultraottantenni vaccinati rispetto non solo alla Regione Lazio, (51,5%), ma anche a molte regioni limitrofe? (al 20 marzo risulta vaccinato in Lombardia il 41,6% degli ultraottantenni, contro il 49,8% del Piemonte, il 42,9% della Liguria, il 50% dell’Emilia-Romagna)”.

Secondo punto: “Quali sono i criteri che la Regione segue nelle chiamate dei vaccinandi? Se fossero chiari e ragionevoli, gli ultraottantenni potrebbero anche rassegnarsi alla lentezza del processo di vaccinazione e calcolare i tempi in cui verranno chiamati”. Da quanto raccolto tra conoscenti e amici, rivendica il teorico del Pd, “chiaramente non è stato seguito il criterio più ovvio, prima i vecchissimi e a seguire i vecchi in ordine decrescente di età: sono infatti troppi i casi di ultranovantenni non chiamati e di persone molto più giovani — si fa per dire — che sono già alla vaccinazione di richiamo”.

O forse, chiede ancora Salvati, l’anomalia si spiega per questioni di patologie più gravi che hanno mandato avanti i “vecchi più giovani”? “Dalla rete delle nostre conoscenze, certamente non un campione rappresentativo, questo non risulta. Né mi risulta che il mio medico di base sia stato interpellato circa le patologie dei suoi numerosi pazienti ultraottantenni: l’unica richiesta che ha ricevuto è di indicare quali tra di essi fossero in grado di recarsi autonomamente ai centri vaccinali”.

Del resto, il professore recentemente insignito dell’Ambrogino d’oro, sa bene che le Ats hanno tutte le informazioni necessarie a valutare la patologie degli anziani che transitano nel circuito del Servizio sanitario pubblico. Quindi la quarta domanda: “Le hanno utilizzate per definire le priorità temporali nella vaccinazione? Mi piacerebbe che fosse così, anche se temo così non sia stato e che tali priorità siano state determinate da altri motivi. Quali?”.

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