“Killer”, assassino, l’epiteto lanciato da Joe Biden contro Vladimir Putin, ha sorpreso la politica Usa, ma non ha sollevato particolari proteste o clamori. Da tempo il Congresso, democratici e repubblicani insieme, chiede un atteggiamento più fermo nei confronti di Mosca. Le rivelazioni della National Intelligence sulle ingerenze russe alle presidenziali 2020 vanno del resto ad aggiungersi a una serie di episodi che hanno fatto crescere l’insofferenza del Congresso: dal tentato avvelenamento di Alexei Navalny all’hackeraggio dei sistemi informatici federali fino agli accordi tra russi ed europei sul gasdotto Nord Stream 2. Il Congresso chiede di alzare la voce e Biden l’ha fatto – in un quadro generale in cui l’amministrazione Usa vuole tornare garante degli equilibri internazionali e ha quindi bisogno di mostrarsi sì dialogante ma anche estremamente ferma: con la Russia e, ovviamente, con la Cina. Al centro dell’agenda di Biden resta comunque la politica interna. Dopo l’approvazione della legge di stimolo economico, si prospetta all’orizzonte lo scontro politico sull’immigrazione. In gioco ci sono le elezioni di midterm del 2022 e il futuro stesso dell’amministrazione Biden.
L’American Rescue Plan – La riforma da 1900 miliardi di dollari approvata due settimane fa è storica sotto diversi punti di vista. Per la portata dello sforzo economico dispiegato, per l’ampiezza delle questioni che affronta e perché ribalta l’assunto che da oltre quarant’anni domina la politica americana: e cioè che il governo deve mantenersi il più possibile fuori dalle dinamiche economiche. Con la nuova legge – che spazia dall’occupazione alla scuola, alla sanità, alle infrastrutture, alla famiglia, agli aiuti per le imprese – Biden fa esattamente il contrario: ridà slancio al governo come garante dei processi economici e come strumento per alleviare le condizioni delle classi più povere (la riforma dovrebbe ridurre della metà la povertà infantile e di un terzo quella generale). In questo modo, Biden torna quindi a quel “liberal consensus” pre-reaganiano, che univa democratici e repubblicani nella convinzione che il governo federale dovesse avere voce nei processi economici. “Il governo non è qualcosa che sta in una lontana capitale. Il governo siamo noi” ha detto Biden.
Il presidente e i democratici sanno molto bene un’altra cosa: l’“American Rescue Plan” gode di ampia popolarità. Almeno il 70 per cento degli americani, dicono i sondaggi, approva il piano; molti tra gli stessi elettori repubblicani ne danno un giudizio positivo. Il problema è ora quello di far partire al più presto gli aiuti promessi (l’assegno da 1400 dollari previsto dalla riforma è arrivato sui conti correnti di molti americani già nello scorso week-end) e comunicare il piano nel modo migliore. In questo agisce un precedente storico che brucia ancora. È infatti opinione comune tra i democratici che fu l’incapacità di Barack Obama e dei democratici di assumersi i meriti del “Recovery Act” da 787 miliardi – e della successiva riforma sanitaria, l’“Affordable Care Act” – a condurre alla sconfitta elettorale delle elezioni di medio termine 2010. “Non spiegammo adeguatamente cosa avevamo fatto – ha spiegato di recente proprio Biden -. Barack era così modesto, non volle fare, come disse allora, il giro della vittoria”. I democratici persero nel 2010 63 deputati e il controllo della Camera, facendo svanire per sempre il sogno di approvare due riforme attese da anni: quella sull’immigrazione e quella sul controllo delle armi da fuoco.
“Shots in arms, money in pockets”: il tour dei democratici – Joe Biden non vuole ripetere l’errore e non ha vergogna di fare il “giro della vittoria”. In questi giorni il presidente, la moglie Jill, la vice Kamala Harris e il marito Doug Emhoff sono impegnati in una serie di viaggi, dalla Pennsylvania alla Georgia al Nevada, il cui obiettivo è proprio spiegare agli americani i benefici della riforma appena approvata. Non sono solo le due coppie a essere mobilitate. La settimana scorsa la speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha mandato una mail a tutti i deputati democratici. In vista della chiusura del Congresso per alcuni giorni e del ritorno dei deputati nei loro distretti, Pelosi raccomanda di “dare visibilità a come l’“American Rescue Plan” soddisfa i bisogni delle comunità: incrementando i vaccini, facendo arrivare del denaro, riportando la gente al lavoro e i ragazzi nelle aule scolastiche”. C’è già uno slogan per questa campagna di comunicazione – “Shots in arms, money in pockets”, iniezioni nelle braccia, denaro in tasca – coniato proprio da Biden e che verrà ripetuto dai democratici in ogni angolo d’America. “La politica genera confusione, tutti si definiscono dei bugiardi, ma questa volta la gente riceve subito dei bei dollari sui conti bancari”, ha detto Conor Lamb, democratico della Pennsylvania.
I precedenti – Lo sforzo democratico per “raccontare” la riforma nasce anche, banalmente, da uno sguardo alla storia. Spesso, alle elezioni di medio termine, il partito che ha conquistato la Casa Bianca solo due anni prima perde il controllo del Congresso: è successo con Obama nel 2010, ma è successo anche con Donald Trump nel 2018. Nel caso specifico delle elezioni 2022, ai repubblicani basta vincere un seggio al Senato o cinque alla Camera per conquistare la maggioranza in uno dei due rami del Congresso e bloccare per sempre l’agenda legislativa di Biden. Ecco perché questa volta i democratici non vogliono lasciare nulla di intentato e spingono per intestarsi i successi. “Dev’essere molto chiaro – è il loro ragionamento – che siamo stati noi a bloccare la pandemia e far di nuovo correre l’economia”.
L’arma dei repubblicani – È ancora presto per dire se la scommessa democratica avrà successo. Al medio termine 2022 mancano 20 mesi e in questo lasso di tempo può succedere di tutto; i benefici della riforma possono essere dimenticati e nuove crisi rischiano di profilarsi all’orizzonte. È quello che sperano i repubblicani. Nei giorni dell’approvazione dell’“Americn Rescue Plan”, i media conservatori hanno volutamente snobbato la notizia, scegliendo di mettere in prima pagina soprattutto le disavventure sessuali del governatore Andrew Cuomo. Nonostante il tentativo di occultamento, i repubblicani sanno però molto bene che una parte del loro elettorato, soprattutto ceti medi e classi popolari, dà un giudizio tutt’altro che negativo sulla riforma di Biden. E quindi bisogna cambiare il soggetto della narrazione. Bisogna trovare qualcosa che faccia dimenticare i soldi distribuiti a pioggia dall’amministrazione Biden e rinfocolare vecchie polemiche e paure. Il tema già c’è ed è lo stesso che Trump usò alle presidenziali del 2016: l’immigrazione.
Nei giorni scorsi una delegazione di 12 repubblicani, guidati dal leader della Camera Kevin McCarty, ha viaggiato fino a El Paso, Texas, per denunciare la crisi umanitaria che starebbe esplodendo al confine. “So che il presidente ha in programma diversi viaggi – ha detto McCarthy -. Ma qui lo dovrebbe portare l’Air One. Qui dovrebbe guardare la gente negli occhi e parlare agli agenti di frontiera”. Nel giro di un paio di mesi, è l’accusa dei repubblicani, le politiche di Biden hanno portato migliaia di persone a cercare di passare il confine e reso la situazione umanitaria insostenibile. Alcuni paventano l’entrata negli Stati Uniti di potenziali terroristi, mischiati a chi banalmente cerca fortuna e una nuova vita. “Persone dallo Yemen, dall’Iran, dallo Sri Lanka stanno cercando di entrare nel nostro Paese”, ha detto un altro deputato repubblicano, John Katko.
La crisi alla frontiera – Il problema per Biden è reale perché la situazione alla frontiera si sta davvero deteriorando. Massiccio nelle ultime settimane è stato l’arrivo di minori: sono circa 13mila quelli presi in carico dalle autorità statunitensi. Il problema è che, a causa della pandemia, sono stati ridotti i posti letto nelle strutture a loro dedicate. Molti giovani sono stati costretti a restare in celle minuscole, senza finestre, senza la possibilità di farsi una doccia, ben oltre i 72 giorni che per legge sono il tempo massimo entro il quale il minore deve essere inviato a una struttura di accoglienza. Per ovviare ai problemi di sovraffollamento, l’amministrazione ha destinato tremila ragazzi tra i 15 e i 17 anni a un centro congressi di Dallas, e altri mille, in alcuni casi di soli 4 anni, sono finiti in una tendopoli innalzata nei sobborghi di Midland, Texas. “Stiamo cercando di fare il possibile – spiega Jen Psaki, la portavoce di Biden – e di comportarci nel modo più umano. Ma quanto succede è il risultato dello smantellamento del sistema di immigrazione da parte di Donald Trump”. Gli arrivi alla frontiera non riguardano soltanto i minori. Nel mese di febbraio i border patrols, le guardie di frontiera, hanno preso in custodia circa 100 mila persone (il 25 per cento in più rispetto a gennaio). Molti di questi, proprio come ai tempi di Trump, vengono subito riportati dall’altra parte del confine.
È su questa realtà di nuovi arrivi che i repubblicani soffiano, sperando di dare l’immagine di un’amministrazione debole e confusa. “Biden rifiuta di riconoscere la crisi ed è felice di abbandonare le comunità di confine a loro stesse”, ha tuonato alcuni giorni fa il portavoce del Republican National Committee. Il senso di emergenza rallenta anche i tentativi dell’amministrazione di far passare una legge sull’immigrazione, che da George W. Bush in avanti nessun presidente Usa è mai riuscito a imporre. Nelle scorse ore è passata alla Camera una misura che legalizza Dreamers e migranti che lavorano nell’agricoltura, circa due milioni e mezzo di persone, ma non ci sono molte speranze che la legge possa passare al vaglio dei repubblicani del Senato. Senza contare che l’ala progressista del partito democratico scalpita, di fronte alle notizie di minori sbattuti in cella al confine. Insomma, per Joe Biden il “giro della vittoria” dopo l’approvazione dell’“American Rescue Plan” potrebbe essere molto amaro. Il tema immigrazione, che catalizza tensioni, paure, debolezze di una popolazione già fiaccata da pandemia e disoccupazione, rischia di scoppiargli tra le mani. A quel punto sarebbe molto difficile arrivare alle elezioni di midterm 2022 sull’onda lunga dei trionfi della legge di stimolo economico.