Intanto, nonostante il boicottaggio dell'azienda, stanno per concludersi le votazioni nello stabilimento dell'Alabama che potrebbero dar vita alla prima rappresentanza sindacale in un sito statunitense del gruppo. Un'indagine mostra come migliaia di lavoratori Amazon a tempo pieno siano costretti a ricorrere ai sussidi di povertà per l'esiguità della retribuzione
Lunedì prossimo 22 marzo è il giorno della verità per i 9mila lavoratori di Amazon Italia e per i 31 mila della filiera legata al colosso statunitense del commercio on line. I sindacati hanno indetto lo sciopero che, primo al mondo, coinvolge tutto il personale della filiera del gruppo quindi non solo gli addetti dei magazzini ma anche i driver che si occupano delle consegne, recapitando circa un milione di pacchi al giorno. Le organizzazioni dei lavoratori chiedono all’azienda una verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti nella filiera, il corretto inquadramento professionale del personale, riduzione dell’orario di lavoro dei driver all’indennità Covid per operatività in costanza di pandemia. I sindacati lamentano anche l’indisponibilità del gruppo a sedersi al tavolo delle discussioni.
“Da sempre, rispettiamo il diritto dei nostri dipendenti a formare o aderire a un sindacato senza timore di ritorsione, intimidazione o persecuzione. In Amazon crediamo fortemente nel valore del confronto con i nostri dipendenti. Il loro coinvolgimento diretto è una parte integrante della nostra cultura aziendale e funziona, infatti, offriamo già una salari competitivi, benefit e ottime opportunità di crescita professionale, il tutto all’interno di un ambiente di lavoro sicuro e moderno. In merito al confronto con i sindacati, si sono svolti due incontri a livelli nazionale nel mese di gennaio e nei siti dove sono presenti le rappresentanze sindacali abbiamo un rapporto di dialogo costante”, replica l’azienda in una nota.
La sfida è difficile, anche per l’atteggiamento ostile alle organizzazioni dei lavoratori che fa parte del Dna del gruppo Amazon. Per questo i sindacati chiedono il sostegno della clientela che invita a non fare ordini sulla piattaforma nel giorno dello sciopero. L’idea è quella di un “lunedì bianco” in contrapposizione al “black friday” (venerdì nero, perché i bilanci passano dal “rosso” al nero, ndr) in cui ogni anno il gruppo fa il pieno di commesse e ricavi. L’invito alla solidarietà verso i lavoratori ha raccolto l’adesione di Federconsumatori.
Lo sciopero riguarda tutto il personale dipendente di Amazon Logistica Italia cui è applicato il contratto nazionale Logistica, Trasporto Merci e Spedizione, Amazon Transport Italia e di tutte le società di fornitura di servizi di logistica, movimentazione e distribuzione delle merci che operano per Amazon Logistica ed Amazon Transport.
La mobilitazione si inserisce nella questione, che non riguarda solo Amazon, del mancato rinnovo del contratto della logistica. Le trattative sono saltate dopo l’indisponibilità dei datori di lavoro a concedere qualsiasi gratifica di natura economica. Anzi, le aziende si sono sedute al tavolo con richieste che vanno dalla riduzione dei diritti sindacali all’aumento del ricorso al lavoro precario oltre alla revisione della clausola sociale – garanzia essenziale nei cambi appalto – e persino la riduzione della malattia.
Voto storico negli Stati Uniti – La settimana prossima si concluderanno anche le votazioni nello stabilimento Amazon di Bessemer in Alabama. Il primo sito statunitense che potrebbe dotarsi di una rappresentanza sindacale. Il gruppo di Jeff Bezos ha fatto di tutto per boicottare l’iniziativa, persino creare un sito web ad hoc per contrastare l’adesione al sindacato e alterare il funzionamento dei semafori della cittadina per rendere più complesso l’incontro dei dipendenti di turni differenti. Un’attività anti sindacale talmente esasperata che persino il presidente Joe Biden ha dovuto esprimersi pubblicamente per chiedere che fossero garantiti i diritti dei lavoratori.
E sempre dagli Usa arriva un altro dato allarmante sul “modello Amazon”. Secondo dati del governo sono 4mila i dipendenti di Amazon che fanno richiesta di “food stamp”, una sorta di buoni pasto che vengono erogati a chi si trova in difficoltà economica. Il 70% di questi richiedenti lavora a tempo pieno. Solo McD0nald’s e la catena della grande distribuzione Walmart contano una quota maggiore di dipendenti che sono costretti a ricorrere agli aiuti governativi a causa dell’esiguità del salario.
Un’indagine di bloomberg dal significativo titolo “Amazon ha trasformato in McJob le carriere da magazziniere della classe media”, ha evidenziato come nelle località in cui Amazon apre uno stabilimento le condizioni peggiorano per tutta la comunità, con una riduzione della media delle retribuzioni del 6% nei due anni successivi all’inaugurazione. Questo accade soprattutto quando Amazon si installa in un’area relativamente ricca del paese come gli stati del Nord e del Midwest. A Robbinsville nel New Jersey la paga media era ad esempio di 24 dollari l’ora. Dopo l’apertura del sito locale di Amazon è scesa a 17,5 dollari.